Trattoria
da Anna
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LA NOSTRA STORIA
La locanda osteria San Dionigi, nasce intorno agli anni 20’ e viene gestita dai proprietari Pelloli Giuseppe e la moglie Galletti Maria con una cucina semplice legata al territorio. Il cambio di gestione avviene il 17 giugno 1974 con il partenopeo Porpora Emmanuel e la moglie Di Cataldo Anna con altri due soci che rimangono solo per alcuni mesi, i nuovi subentrati affiancano gli stanchi proprietari sopranominati Rùssin per 6 mesi, per poi ritirare la licenza nel gennaio 1975. Con cucina tradizionale e casalinga, cavalcano i mitici anni 80 e con moltissimi amici del bar si fondano parecchie attività, una di queste è Il Moto club Bellagio.
Purtroppo come spesso accade nelle storie più belle esse non durano a lungo e nel maggio del 2001 con la scomparsa del titolare Porpora Emmanuel si lascia un vuoto incolmabile tra gli amici e clienti, ma la forza della moglie Di Cataldo Anna e del figlio Porpora Luca continua la gestione con la continua ricerca di prodotti per offrire un ineguagliabile rapporto tra qualità e prezzo, si aggiungono specialità marinare il tutto in un ambiente familiare e accogliente tutto ciò con un ottimo successo.
Attualmente funzionante si possono gustare per tutto l’anno le specialità come gli antipasti di mare: Insalate di piovra, seppia con patate, ottimi affumicati, pesce in carpione etc. i primi piatti: Spaghetti alle vongole, tagliolino all’astice, risotto alla pescatora, i secondi piatti: favolose grigliate, fritto misto e in stagione dell’ottimo pescato al forno. Senza dimenticare gli affettati di qualità, i primi piatti tradizionali e la carne scelta di fassona Piemontese abbinati a ottimi vini e formaggi.
venerdì 29 aprile 2016
Trattoria da Anna....la storia
Agnellino birichino 🐑🐑🐑
Il boss della Juventus chiede all'Inter di rinunciare al titolo del 2006, perché Moratti ha usufruito della prescrizione. Bene: con la stessa logica i bianconeri dovrebbero rendere tutti i trofei vinti dal '94 al '98. Ecco perché
22 agosto 2011
C'era una volta lo "stile Juventus". Quello di Gianni Agnelli e Boniperti, Trapattoni e Platini. Poi, al seguito di Umberto Agnelli, arrivò la "triade" Giraudo-Moggi-Bettega. Risultato: il processo per doping, lo scandalo Calciopoli, due scudetti annullati e retrocessione in serie B (la prima della storia). Nel 2006 John Elkann affida il club a due manager gentiluomini, Giovanni Cobolli Gigli e Jean-Claude Blanc, con il compito di recuperare lo stile e la serie A: missione compiuta.
La Vecchia Signora accetta con signorilità il verdetto sportivo, giusta espiazione per i maneggi di Moggi & C., e si rimette all'onor del mondo. Ma due anni fa il ramo cadetto degli Agnelli si riprende il giocattolo con il giovane Andrea, figlio di Umberto e vecchio sodale di Moggi e Giraudo. Risultato: zero titoli sul campo, ma centinaia sui giornali, cavalcando il revanscismo della parte più becera della tifoseria, convinta che retrocessione e scudetti perduti non siano colpa di chi commise gli illeciti, cioè Moggi e Giraudo, radiati dal mondo del calcio, ma di chi li ha scoperti (la Procura di Napoli) e sanzionati (la giustizia sportiva e il commissario Figc Guido Rossi). Un complotto delle toghe: non rosse, ma nerazzurre. Ora Andrea Agnelli, per non passare alla storia come l'unico presidente juventino che non ha vinto neppure la Coppa del Nonno, rivuole addirittura indietro i due scudetti di Calciopoli e minaccia ricorsi al Tribunale di arbitrato dello sport e perfino alla giustizia ordinaria.
A suo dire, il titolo del 2005-2006, uno dei due viziati dalla manovre moggiane su arbitri e designatori, dunque assegnato all'Inter seconda classificata, non sarebbe "lo scudetto degli onesti" come lo definì Moratti, ma "dei prescritti". E questo perché il pm sportivo Stefano Palazzi ha dichiarato prescritti i sospetti sul coinvolgimento dell'Inter in Calciopoli, "a meno che l'Inter non rinunci alla prescrizione e si lasci processare". Moratti non rinuncia e sbaglia di grosso. Ma la prescrizione, in casa Juventus, è materiale infiammabile da maneggiare con estrema cautela.
L'Agnellino dovrebbe dare una ripassata alle 49 pagine della sentenza del 2006 con cui la Cassazione, ribaltando le assoluzioni d'appello, dichiarava i vertici bianconeri colpevoli di aver "dopato" i giocatori con sostanze proibite oppure lecite ma usate in dosi e con metodi vietati, dal luglio '94 al settembre '98 (l'età dell'oro di Marcello Lippi), alterando le prestazioni e dunque truccando ben quattro stagioni sportive. Colpevoli, sia Giraudo sia il medico sociale Riccardo Agricola, di un unico "disegno criminoso" a base di frode sportiva e somministrazione di farmaci in modo pericoloso per la salute; ma salvi per prescrizione, in quanto i reati si erano estinti pochi giorni prima a causa della lunghezza del processo. Sia per Giraudo, assolto in primo e in secondo grado, sia per Agricola, condannato in tribunale e assolto in appello, la Suprema Corte dava ragione al pm Raffaele Guariniello e disponeva l'annullamento dell'ultimo verdetto perché "questo collegio ha ritenuto che la condotta degli imputati integri il delitto" di frode in competizioni sportive.
Il reato insomma c'era, ma era "estinto per prescrizione". Il medico, su mandato dell'amministratore delegato, imbottiva i calciatori di "sostanze vietate" come i "corticosteroidi", e anche di farmaci non vietati ma somministrati ad atleti sani per potenziarne il rendimento, "in modo pericoloso per la salute". E anche per la genuinità delle classifiche, violando la legge che tutela "la regolarità e la correttezza delle competizioni, poste in pericolo dalla sleale alterazione chimica delle prestazioni". La Juve che oggi sfida l'Inter a restituire "lo scudetto dei prescritti" e a rinunciare alla prescrizione nel processo sportivo si guardò bene dal rinunciarvi in quello penale. Anche perché, dopo la sentenza di Cassazione, il nuovo processo sarebbe finito con condanne sicure e la conseguente revoca di tutti i trofei vinti nel quadriennio dello scandalo: tre scudetti, una Champions, due Supercoppe italiane, una Supercoppa europea e un'Intercontinentale. Questi come li vogliamo chiamare, dottor Agnelli: i "trofei dei prescritti"? E perché, per dare il buon esempio all'Inter, non li restituisce?
martedì 26 aprile 2016
25 anni dopo Billy racconta.......
Costacurta
Sono trascorsi 25 anni dalla semifinale della Champions League tra Marsiglia-Milan. Con i francesi avanti per 1-0 all’85’, e ad un passo dalla qualificazione, la dirigenza rossonera “costrinse” i giocatori a lasciare il campo a causa del blackout di uno dei riflettori dello stadio. Il Milan di Sacchi, già campione per due anni consecutivi, scrisse una pagina non altezza della grandissima fama che quella squadra aveva raggiunto. Per i rossoneri arrivò la sconfitta a tavolino e l’esclusione dalle competizioni europee per la stagione successiva. E’ tornato a parlare dell’argomento l’ex storico difensore Alessandro Costacurta. Queste le sue parole alla Gazzetta dello Sport.
IL MARSIGLIA MERITAVA – “Eravamo convinti che fosse una scelta condivisa col delegato Uefa. Eravamo pronti a giocare, poi arrivò Galliani e ci disse di rientrare negli spogliatoi. La luce era ritornata, mancava pochissimo e il Marsiglia si stava qualificando in modo meritato. Nessuno di noi voleva fuggire o cercare una scorciatoia…”.
SCENEGGIATA IMBARAZZANTE – “La squadra è uscita convinta che c’era un accordo in quel senso. Abbiamo scoperto l’amara verità dai giornalisti, dopo la doccia. C’è cascato il mondo addosso. Ricordo ancora la faccia scura di Arrigo Sacchi. Da quel momento in avanti eravamo consapevoli di aver preso parte a una imbarazzante sceneggiata. Sono passati 25 anni, ma quella macchia non si cancellerà mai”.
ORDINE DA ARCORE – “Galliani riunì la squadra il giorno dopo e ci chiese scusa, parlò di un suo errore di valutazione. Secondo me una responsabilità del genere non poteva essere stata presa solo dal vicepresidente. Anche perché se fosse andata così, allora avrebbe pagato con il licenziamento. Diciamo che Galliani si è “sacrificato”, prendendosi tutte le colpe. Ma io ho un’altra idea: l’ordine arrivò da Arcore”.
CHE FIGURACCIA – “Anche altri miei ex compagni la pensano allo stesso modo. Quella uscita dal campo fu davvero una figuraccia, ma non mi sento responsabile. Nessuno dei giocatori lo è stato: se avessimo saputo che quella era una scelta unilaterale, avremmo finito la gara. Gente come Baresi, Maldini, Gullit non aveva paura di andare contro la dirigenza, specie se era convinta di fare una cosa giusta”.
lunedì 25 aprile 2016
Smettere di fumare,metodo infallibile...
Smettere di fumare è una tortura. Crisi d'astinenza, ansia, nervosismo, depressione sono i primi effetti collaterali. Chi ha abbandonato le bionde lo sa bene: si affrontano mesi da incubo. Eppure smettere di fumare fa bene, da subito. Già dopo 20 minuti ci sono i primi benefici, e dopo 20 anni si è definitivamente liberi, riporta il Corriere della Sera. Ma cosa cosa accade al corpo umano quando si butta per sempre il pacchetto? Ecco passo per passo, cosa succede dopo l'ultimo tiro.
Dopo 20 minuti - La pressione del sangue si stabilizza e migliora, scendono le pulsazioni e si normalizza la frequenza cardiaca.
Dopo 8 ore - E' il momento in cui vorresti accenderti subito una sigaretta ma proprio dopo 8 ore i livelli di monossido di carbonio nel sangue scendono, quelli di ossigeno tornano alla normalità e la nicotina diminuisce fino a oltre il 90%.
Dopo 24 ore - I sintomi da astinenza sono forti: depressione, irritabilità, frustrazione, ansia. Eppure sono già tornati alla normalità i livelli di monossido di carbonio.
Dopo 2 giorni - Migliorano il senso del gusto e dell'olfatto’odorato.
Dopo 3 giorni - Migliora il respiro, soprattutto se sotto sforzo. In molti riferiscono sintomi influenzali come insonnia, difficoltà a riposarsi, cambiamenti nell'appetito, vertigini.
Tra 15 giorni e 9 mesi - Migliorano la circolazione sanguigna e l'attività polmonare. Sparisce la cosiddetta tosse da fumatore e la congestione nasale. Aumenta l'energia fisica e diminuiscono il senso di fatica e spossatezza. Il corpo si libera della nicotina.
Dopo 1 anno - Cuore e arterie registrano i maggiori miglioramenti: si dimezza il rischio di malattie coronariche, infarto miocardico e ictus.
Dopo 5 anni - Il rischio di emorragia cerebrale diminuisce del 41 per cento, mentre quello di ictus diventa pari ai livelli di chi non ha mai fumato. Per le donne ex fumatrici, scende la minaccia di ammalarsi di diabete al livello delle donne che non hanno mai fumato.
Dopo 10 anni - Per gli uomini il pericolo di contrarre diabete si abbassa ai livelli dei non fumatori. Scende anche il rischio di contrarre alcuni tumori come alla bocca, gola, esofago, vescica, rene e pancreas. Il rischio di tumore al polmone scende del 70%.
Dopo 15 anni - Il corpo si normalizza e le condizioni si equiparano a quelle di chi non ha mai fumato per la perdita di denti, le malattie coronariche, e il rischio di morte precoce.
Dopo 20 anni - Dopo 20 anni di totale assenza delle sigarette si è completamente liberi dalle conseguenze patologiche del fumo e ogni rischio di malattia è equiparato a quello di chi non ha mai fumato.
Santos-tele-tango i palloni della mia infanzia ⚽🏐🏀
Super Santos, Super Tele e Tango. Quando l’infanzia era ancora gioco
Posted on 11 aprile 2013 by Redazione in Costume e Società // 0 Comments
Quando l’infanzia era ancora gioco, quando non esistano playstation e smartphone, quando i bambini si divertivano all’aperto senza essere scrutati dall’occhio ossessivamente vigile dei genitori, c’era un super eroe che rimbalzava nei campi, nelle spiagge e nelle ville comunali di tutto il mondo: il pallone di gomma.
Non servivano campi di calcio in erba curata all’inglese e nemmeno essere schierati in perfetta divisa da calciatore per tirare i classici quattro calci al pallone che solevamo dare quando ci portavano ai giardinetti sotto casa; bastava semplicemente qualche amico per fare le squadre.
Le ragazze erano viste malvolentieri in questo gioco che, negli anni ’70, era prettamente maschile, ma se qualcuna ci sapeva veramente fare ed accettava il classico ruolo di maschiaccio allora era persino bene accetta.Una cosa, però era assolutamente indispensabile: un bel pallone di gomma, non importa di quale colore, né se ad esagoni o tinta unita; bastava che rimbalzasse per terra e che si lasciasse calciare. Ed è proprio di quest’oggetto, cosi sferico e semplice, così banale e fragile, ma che costituiva il punto di partenza dei nostri sogni di gloria, che voglio parlare oggi.
Per i più piccoli l’ideale era il SUPER-TELE che non era in realtà di gomma, ma di una plastica sottile, sottile; leggerissimo (troppo) e di consistenza impalpabile, bastava un tocco e volava via disegnando improbabili traiettorie; se c’era vento bisognava corrergli dietro sudando le classiche sette camicie e si faceva più fatica a rincorrere questa parvenza di pallone che l’avversario stesso perché, il SUPER-TELE, non ne voleva proprio sapere di farti intuire dove andava. Era il terrore dei portieri in erba che, sebbene non avrebbero mai preso la classica pallonata in faccia che lasciava il segno, difficilmente avrebbero bloccato anche quel dannato pallone, che, se fortunosamente calciato in porta, avrebbe probabilmente varcato l’ipotetica linea bianca sbeffeggiando l’abbozzo di parata del portierino.
Quelli meno piccoli rifiutavano, spesso e volentieri, di giocare con questo scherzo della natura che veniva proposto generalmente a fondo blu con esagoni neri oppure rosso sempre ad esagoni neri, oltre, ovviamente, alla canonica versione bianco-nero. La scritta SUPER-TELE era in bell’evidenza quasi ad ammonire, da lontano, i giocatori che quella non sarebbe stata una partita di calcio, ma una comica di ridolini. Il successo di questo pallone fu però incredibile, forse perché costava poco rispetto agli altri e risultava il regalo preferito delle mamme attente all’economia domestica; in fondo in fondo, anche se pazzerello, era sempre un pallone e si poteva, con le dovute riserve, prendere tranquillamente a calci.
Dove però il super-tele era imbattibile, e si vendicava di tutti gli insulti giornalieri di chi lo usava abitualmente, era sulle spiagge. Allora la sua leggerezza diventava essenziale per i palleggi ravvicinati a pallavolo, le ragazzine non si rovinavano le prime unghie leggermente acconciate, né rischiavano di farsi male e la gente, già molestata dal chiasso circostante, non poteva certo prendersela con un pallone leggero ed impalpabile come una piuma.
Inoltre era uno dei primi palloni che segnavano davvero l’inizio degli anni ’70 dove il classico colore cuoio tinta unita veniva, finalmente, sostituito dagli esagoni neri, come ai mondiali del Messico ed in fondo bastava questa credenziale per definirlo un pallone moderno.
Quando le esigenze richiedevano un pallone più qualificato, perché non si poteva rischiare di perdere una partita per le bizze di quella cosa che viene tutto sommato presa a calci, ecco che il mercato ci veniva in soccorso con uno splendido pallone; ad esagoni ben marcati, distintamente bianco neri, invece della penosa plastica del SUPER-TELE, il SAN SIRO era forgiato di gomma dura, aveva dimensioni regolamentari ed un peso considerevole; finalmente i più dotati potevano sbizzarrirsi in lanci calibrati e tiri d’effetto realmente voluti, i portieri non erano mortificati dalle bizze di un pallone sbarazzino o da un refolo di vento, ma semmai dalla bravura degli attaccanti e se un portiere era anche dotato, e non solo fortunato come nel caso del precedente pallone, poteva vantarsi di avere salvato il risultato e veniva festeggiato come l’eroe della partita. Se disgraziatamente il SAN SIRO si fosse bucato, evento assai improbabile, si riduceva di dimensioni, ma rimaneva comunque “giocabile” e ci permetteva di continuare. Davvero un fedele compagno.
L’alter-ego del SAN SIRO era il SUPER SANTOS che mantenendo le doti del precedente era dotato di un brillante colore arancio con esagoni neri. Tuttavia i mondiali infuriavano edizione dopo edizione e prima di arrivare al 1978 in Argentina con il nuovo design del TANGO tutti i palloni erano rigorosamente in bianco ad esagoni neri; anche il nostro campionato confermava la tendenza ed allora il SUPER SANTOS era battuto in partenza; a parità di costi la scelta di noi calciatori era quasi sempre indirizzata sul SAN SIRO; ovvio che avremmo comprato anche una sfera di spugna piuttosto che non giocare, ma quel colore arancio che ricordava maggiormente una partita da basket che una di calcio non si sposava felicemente con la fantasia di un bambino. Però, quando nevicava e le partite di campionato si dovevano giocare su un campo spolverato di una soffice enorme chiazza bianca si usava invece proprio il pallone arancione per motivi di visibilità; se la partita era importante, magari un derby tra Inter-Milan, ecco che, il giorno dopo, il SUPERSANTOS avrebbe potuto trovare una corsia preferenziale per essere utilizzato da noi prodi giocatori in erba, mentre, in possesso di palla, scandivamo uno per uno i mitici nomi dei campioni, eroi del giorno precedente.
Una strana versione del SUPER SANTOS era lo YASHIN, in omaggio al famoso portiere della nazionale russa, che differiva dal precedente perché l’arancione era sostituito dal meno appariscente marrone ed inoltre era di una pesantezza inaudita; forse il nome costituiva una garanzia per i portieri perché per calciare quel pallone ci voleva una tale forza che sovente la sfera giungeva lemme, lemme tra le braccia dell’estremo difensore che, a meno di un’improbabile distrazione o perché realmente impedito, riusciva sempre a farla sua. Quando però qualcuno riusciva a colpire questo maledetto pallone nella maniera giusta, allora immancabilmente piazzava la classica cannonata, quella che sarebbe probabilmente finita in rete piuttosto che ammaccare la portiera di una macchina posteggiata incautamente nelle vicinanze o che avrebbe fatto piangere e contorcere dal dolore il malcapitato portierino che aveva indovinato la traiettoria giusta. Meglio il SUPER SANTOS credetemi.
Simile ancora al SUPER SANTOS, da cui riprendeva il disegno, era un pallone denominato DINAMO solo che, invece d’essere arancione, era bianco; non è che cambiasse molto in consistenza, ma era un piacevole diversivo.
Un altro pallone abbastanza oscuro che però ricordo bene, a parte il nome che mi sfugge, era costituito da cerchi e non da esagoni; buona la consistenza e discreta la giocabilità, tuttavia si trattò di una vera e propria meteora e non so quanti tra voi se lo ricorderanno. Era in voga nei primissimi anni settanta.
Invece un’altra sfera accettata di buon grado era il DERBY che venne distribuito qualche anno dopo lo YASHIN. Di colore giallo e con le canalette che formavano le figure geometriche di colore nero, era bellissimo a vedersi, relativamente pesante, ma estremamente ben bilanciato quindi si poteva giocare con poca fatica. Insieme al SAN SIRO, forse il miglior pallone del lotto.
Arriviamo al fatidico 1978 quando il pallone ad esagoni bianco neri fu mandato in pensione per far posto al rinnovamento dell’Adidas: il famosissimo TANGO. Il nome omaggiava l’Argentina, dove si sarebbero svolti i mondiali in quell’anno ed in ossequio a questa nuova disposizione anche i distributori di palloni e, di conseguenza, i bambini si adeguarono volentieri.
Con il passare degli anni il peso si era ormai standardizzato e si era giunti al compromesso di una discreta pesantezza supportata da una docilità al tocco davvero impensabile per i primi anni settanta. Quindi era solo una questione di design. Il TANGO aveva sì gli esagoni, ma abilmente formati da piccoli triangoli convessi che messi in posizione a stella delimitavano la figura geometrica principale. Un bel vedere in ogni caso ed una ventata di novità unita sapientemente ad un’operazione di marketing finemente studiata. I vecchi palloni a “scacchi” venivano relegati in cantine e soffitte perché ormai giocare con il TANGO era diventata una vera e propria moda. Esistevano varie versioni da quella descritta in precedenza, la migliore, alle più economiche che però riconducevano, in certi casi, alle problematiche del SUPER-TELE poiché, per risparmio, il materiale usato era scadente e leggero; ormai però non c’importava più di tanto. Il design era la cosa che contava di più in ossequio alle disposizioni sempre più tendenti all’aggressivo dominio del “look”, prerogativa degli anni ottanta che si stavano avvicinando a grandi passi.
La nostra partiva iniziava allorchè nel giardinetto compariva un pallone e non importava quale tipo sopra descritto perché, in ogni caso, si giocava sempre e comunque, mentre la nostra sfida finiva solamente per due unici motivi: le mamme che ci richiamavano all’ordine perché era ora di tornare a casa ed allora riuscivamo quasi sempre a strappare ulteriori 15 minuti di tempi supplementari, oppure il pallone finiva su un albero altissimo o sotto una macchina in corsa che lo distruggeva ed allora nessun tempo supplementare poteva consolarci; ci attendeva unicamente un ritorno anticipato a casa che più mesto non poteva essere, soprattutto per il proprietario del pallone stesso che perdeva sicuramente un amico fedele che per di più si lasciava prendere a calci.
domenica 24 aprile 2016
Barbecue👍🍗🍖🍞🍷🔝🧀🍕🍔🍟🍗🍖🍷
SPECIALE BARBECUE: I SEGRETI PER LA MIGLIORE GRIGLIATA DELLA VOSTRA VITA!
Cottura, carne, marinature e molto altro! Tutto quello che avreste sempre voluto sapere sul barbecue me non avete mai osato chiedere!
Scaldate le griglie, affilate i coltelli e preparatevi a cucinare una grigliata epica, destinata ad entrare negli annali di famiglia! Ogni piccolo dubbio che vi ha assillato ad ogni barbecue svanirà come d’incanto con questa guida completa alla grigliata perfetta!
- Quale carne scegliere?
Tutto comincia tra i banchi del supermercato o in coda dal macellaio: che carne comprare? La carne di manzo è indubbiamente quella da preferirsi per come sopporta le cotture ad alte temperature. Il taglio da scegliere apre una discussione infinita: Fiorentina? Tagliata? Tutto dipende dal gusto e dal budget: se preferite sacrificare un po’ di sapore a favore di carne tenerissima optate per il filetto, magari con l’osso.
Chi invece ha la mascella allenata, ama i sapori intensi e ha una comitiva da sfamare troverà la soluzione perfetta nella Flan Steak. In Messico, patria dedita al culto del barbecue, viene chiamata Arrachera ed è sinonimo di sapore! Da cuocere intera e da tagliare a fettine in tavola.
Non si può parlare di grigliata se non c’è almeno un pezzo di maiale da abbrustolire. Affidatevi alle costine e alle punte per rendere felice tutta la comitiva: il risultato è ottimale. Ricordatevi che il segreto per una carne saporita è il grasso: se sceglierete carne di maiale magra una volta cotta sarà poco stopposa, dura e poco saporita.
A Pasqua e Pasquetta non manca l’agnello: per la grigliata è consigliato il costato che può essere grigliato intero e diviso in parti una volta cotto.
Pollo e vitello possono naturalmente essere aggiunte alla grigliata, ma saranno saporite e non seccheranno solo con un’adeguata marinatura.
Infine salamelle e salsicce in gran quantità: fatevi guidare dai vostri gusti, qualunque cosa scegliate verrà alla perfezione sulla griglia.
Gli spiedini sono indubbiamente pratici, ma per far sì che siano perfetti è meglio che li realizziate con le vostre mani: eviterete in questo modo di accostare carni che richiedono cotture diverse o inserire verdure che non gradite.
salamelle
- Marinatura della carne
Uno dei piccoli segreti per una grigliata perfetta risiede in questo passaggio: tenerezza e sapore della vostra grigliata dipendono infatti dalla marinatura. Per ogni carne esiste la marinatura perfetta e i sapori che potete creare sono naturalmente infiniti. Qualunque sapore decidiate di aggiungere alla marinatura ricordatevi che deve essere grassa, oleosa, speziata e leggermente acida: senza queste caratteristiche le alte temperature della brace renderanno la vostra carne dura. SCOPRITE TANTE RICETTE E IDEE PER MARINARE LE CARNE>>
La più classica delle marinature prevede olio di oliva, trito di erbe aromatiche (rosmarino, salvia e alloro), spicchio d’aglio e vino: niente sale!
Il tempo di permanenza della carne nella marinatura determinerà il suo sapore: in genere lasciate marinare per almeno 4 ore la carne di manzo, dalle 2 alle 4 invece quelle di maiale e di pollo (oltre a questo tempo di marinatura la carne si sfalderà)
- Quale barbecue è migliore: a legna o a gas?
Quello a gas faciliterà la fase della pulizia, ma la carne perderà indubbiamente in croccantezza. Il vero barbecue è sicuramente quello a legna: permette infatti di assaporare tutto il rituale completo di preparazione della grigliata e garantisce alla carne la cottura ottimale!
- Quanta carbonella serve per il barbecue?
Non serve svaligiare il reparto carbonella del supermercato ma tutto dipende dalla pratica che si ha con la brace e dalla quantità di carne da cucinare. Un sacco da tre chili potrebbe bastare per una grigliata di 4 persone: oltre le sei procuratevi il sacco da 5 chili.
- Quando accendere il fuoco?
Questa domanda crea può creare delle faide familiari ma in genere si accende circa 30 minuti prima: questo è infatti il tempo necessario alla carbonella per diventare brace in grado di cuocere e non abbrustolire la carne.
- Come accendere la brace?
Disponete un fondo di carbonella alta circa 3 centimetri e utilizzate dei rametti sottili per accendere il fuoco. In alternativa ai rametti potete utilizzare la diavolina, che velocizzerà questo procedimento.
- Come mantenere invariata la temperatura della brace?
Dopo un po’ la brace si spegnerà un po’ alla volta e se la quantità di carne da abbrustolire è tanta avrete bisogno del rabbocchino. Create un braciere staccato in cui far arrivare alla corretta temperatura la brace da aggiungere.
- Quali salse usare?
La salsa barbecue, in onore al più americano degli stili! Trovate la ricetta QUI>>
Poi avete solo l’imbarazzo della scelta: maionese, tartara, senape o guacamole! Trovate una lista aggiornatissima di salse (veloci) cliccando QUI>>
Oppure cliccate sull’immagine per scoprire le salse migliori per la vostra grigliata!
salse-grigliata
- Quando si sala la carne?
Mai prima della cottura: il sale elimina l’acqua dalla carne e mettendolo a inizio cottura si rischia di far diventare la carne durissima!
- Quanto deve cuocere la carne?
Qui non c’è termometro che tenga: dovete fidarvi dei vostri occhi, della vostra esperienza e, in caso di dubbi, a qualche taglietto. Vale però la regola che la prima carne da mettere sulla brace è quella di manzo che con la brace ben calda avrà un crosta croccante e un cuore tenero e al sangue. Proseguite quindi con le salamelle e terminate con pollo, agnello e altri carne che richiedono temperature inferiori per poter cuocere completamente.
- Deve riposare la carne prima di essere servita?
Provate e noterete la differenza: togliete la carne da fuoco e mettetela a riposare in un piatto coperto con la carta stagnola, che ne preservi il calore. La carne sarà più morbida.
- Come pulire la griglia?
C’è un metodo semplicissimo e veloce: basta una cipolla! Non ci credete!
sabato 2 aprile 2016
Nainggolan ti ammiro.....
calcioblog
Nainggolan chiude alla Juve: "Non mi vedo con quei colori"
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Radja Nainggolan non vestirà mai la maglia della Juventus: lo ha ribadito il diretto interessato nel corso di un’intervista rilasciata al quotidiano ‘Il Tempo’. Il nazionale belga è stato vicinissimo a vestire la maglia bianconera nel recente passato, quando giocava nel Cagliari, ma quando è arrivata la chiamata della Roma non ci ha pensato su due volte preferendo i giallorossi. In questi giorni, però, si è tornato a parlare di un interessamento della Juventus nei suoi confronti: pare, infatti, che i bianconeri siano a caccia di un centrocampista dalle sue caratteristiche e che potrebbero fare una nuova proposta, anche se di mezzo ci sarebbe anche il Chelsea di Antonio Conte. Proprio in merito alle numerose voci di mercato che lo associano a questo e quell’altro club, Nainggolan dice oggi:
“Ora penso a chiudere bene qui il campionato e centrare i nostri obiettivi. Ho appena rinnovato il contratto, non per forza devo andare via. Anzi, ho dimostrato di voler restare. Chelsea? Non ho ancora sentito nessuno, non so neanche se è vero che mi vogliono, addirittura ho letto che avrei detto ai miei amici che vado al Chelsea, ma quando mai? La verità - sottolinea il nazionale belga - è che non posso parlare di cose che ancora non so. Juve? Ho rifiutato una loro proposta diverse volte. Mi hanno voluto e non ho mai accettato. Non mi vedo con i colori della Juve addosso. Perché? Non voglio fare polemiche. È come se dici che una ragazza non ti piace. Punto e basta. Anche prima di venire alla Roma lo pensavo”.
Un eventuale trasferimento di Nainggolan alla Juventus, sarebbe anche difficile da spiegare ai tifosi bianconeri: in passato, infatti, l’ex Cagliari è stato più volte protagonista di sfottò nei confronti della Signora su Twitter. Inoltre, durante un’intervista rilasciata nell’estate del 2015, il mediano giallorosso ha dichiarato: "Meglio vincere un trofeo con la Roma che 10 con la Juventus".
Radja Nainggolan