martedì 15 agosto 2017
La piu grande truffa immobiliare in lombardia
La più grande truffa immobiliare in Lombardia
affaritaliani.it
Totò è riuscito a vendere la fontana di Trevi ad un turista americano: erano altri tempi, d’accordo; ma quel genio, quella capacità tutta italiana di truffare con maestria e ingegno, qualcuno la possiede ancora. E’ il caso di un gruppo di sette persone (sei di queste finite in carcere e una agli arresti domiciliari), attualmente in attesa di essere processati per quella che è stata definita la più grande truffa immobiliare degli ultimi anni. Non è stato possibile stabilire con esattezza l’ammontare preciso dei ricavi della truffa perché gli inquirenti sospettano che vi siano numerosi altri casi non denunciati o che ve ne siano altri non ancora riconducibili a questa organizzazione: per ora il danno stimato arrecato agli ignari acquirenti che hanno sborsato denaro per l’anticipo della compravendita di case che non potranno mai possedere, si aggira intorno ai due milioni di lire.
Grazie a documenti inediti emerge la capacità della squadra investigativa del Comando Provinciale dei Carabinieri di Via Moscova a Milano, che è riuscita ad individuare il tallone di Achille dell’organizzazione, e cioè l’unico errore commesso dai componenti della banda, che diversamente sarebbe rimasta impunita per sempre.
Il G.I.P. Andrea Galzinetti, ha disposto la custodia cautelare per Eugenio Pulici, 76 anni, residente a Peschiera Borromeo (Mi); Luciano Chierici, 59 anni, di Desio (Mb); Neza Teresa Vidmar, 66 anni, nata in Slovenia ma residente a Milano; Massimo Ferioli, 567 anni di Marnate (VA); Dario Crespi, 63 anni, di Brugherio (Mb); Maria Assunta Corno, 68 anni, di Concorezzo (Mb); e gli arresti domiciliari per Cinzia Maffi, 41 anni di Melzo (Mi).
La motivazione, cita l’Ordinanza di applicazione di misura cautelare coercitiva: “deriva dalla risultanza delle indagini che hanno dimostrato che; per quanto riguarda Il Chierici, il Ferioli, il Crespi, la Vidmar, la Maffi e la Corno, i compenti della banda si associavano tra loro, e verosimilmente con altre persone allo stato non ancora identificate, con lo scopo di commettere un numero indeterminato di delitti, accumunati dal filo rosso di una spiccata finalità di profitto. Costituivano in particolare un solido e duraturo sodalizio allo specifico proposito di poter attuare una serie di truffe nel settore immobiliare, effettivamente poi commesse”. Il Ferioli, il Giudici, il Crespi e il Chierici, sono stati individuati come gli organizzatori e i promotori dell’organizzazione.
In pratica questa organizzazione, operava come con una professionalità e con una capacità straordinaria. Avevano previsto tutto: uffici di rappresentanza, macchine di lusso, vestiti di sartoria, telefoni, automobili, siti web, materiale pubblicitario e disponevano di strutture commerciali e quant’altro necessitasse per rendersi più che credibili e al di sopra di qualsiasi sospetto. Ma non è solo questa la bravura e l’ingegno profusi degli appartenenti di questa organizzazione: i loro modi e la loro capacità persuasiva, e la loro preparazione tecnica in materia di immobili, ad altissimo livello, erano di fatto il biglietto da visita di un gruppo d’elite che non è mai stato messo in discussione da nessuna delle loro vittime.
Il loro modus operandi era sempre più o meno lo stesso: attraverso annunci internet nei vari portali tra i più noti che si occupano di vendita e acquisto di attività immobiliari, sia per privati che per aziende, cercavano, parallelamente, le due tipologie di persone necessarie affinché la truffa potesse essere perpetrata, e cioè chi, sempre senza agenzia, tentava la vendita di un appartamento di lusso in zona centrale, e chi, sempre privatamente e senza agenzia, manifestava il desiderio di acquistare un immobile di lusso in zona centrale. Una volta individuati sia il venditore che il possibile acquirente, iniziava il vero lavoro degli abili truffatori che, pur diversificandosi a secondo dei casi e delle tipologie delle persone da incontrare, manteneva quasi sempre lo stesso modo di agire. Generalmente la ricerca iniziava partendo dal possibile acquirente che cercava negli annunci on-line un alloggio con determinate caratteristiche in una certa zona. Avveniva così il primo contatto, solitamente via mail che aveva il compito di “sondare” le intenzioni e la credibilità dell’inserzionista, e si avviava così il primo contatto; diciamo “l’esca”. Se il possibile acquirente abboccava e rispondeva, arrivava il primo contatto telefonico da uno dei tanti “alias”, ovvero nominativi fasulli, dei sedicenti Fausto Morand, o Gramegna, o Bernasconi, o Crudeli, o Leopardi, o Pignoli, o Tonelli, o Bianchi , o Sirtori, o Bianchi, o Benedetti, o Bucci che vantando la qualifica di agente immobiliare o di mediatore o di semplice incaricato per conto di una società mandataria della proprietà, poneva in essere varie attività professionali tipiche del mediatore vero. Veniva così proposto l’incontro per far visionare l’appartamento sito proprio dove l’acquirente lo stava cercando (appartamento che nel frattempo qualcuno dell’organizzazione o aveva già individuato o stava cercando di individuare sempre attraverso le offerte della rete). Si procedeva quindi alle trattative pre-negoziali ben costruite, per far sì che si addivenisse in tempi piuttosto brevi a un accordo sul prezzo (sempre notevolmente inferiore a quello di mercato per appartamenti del genere) e che si potesse addivenire alla consegna di un significativo acconto in sede di preliminare. Quando l’appartamento idoneo veniva identificato, altri componenti dell’organizzazione procedevano invece a contattare il proprietario dell’immobile. Anche qui i nomi erano tutti inventati e fittizi e il ruolo di chi dovesse contattare il proprietario dell’alloggio era intercambiabile a seconda della tipologia delle persone individuate. Si presentavano dal venditore come un qualificati professionisti del settore, titolari di un pacchetto di facoltosi clienti che avevano intenzione di fare investimenti immobiliari. Dopo qualche incontro, con abilità e cedibilità, l’incaricato dell’organizzazione riusciva a carpire e a conquistare la fiducia del proprietario dell’immobile riuscendo a farsi consegnare sia le chiavi, necessarie per consentire la visita dell'unità immobiliare, che tutti i documenti catastali e di altra natura dell' appartamento, precisando che i clienti erano alquanto scrupolosi. A questo punto scattava la fase successiva: impadronirsi dell’identità del venditore e attraverso l'utilizzo di documenti falsi aprire un conto corrente a suo nome presso un qualsiasi istituto di credito. Quando il piano era pronto si provvedeva a fare incontrare il possibile acquirente con il vero/falso proprietario dell’alloggio. Gli si mostrava la casa, si trattava il prezzo e si definivano i dettagli per completare l’affare, magari in più incontri che avvenivano con il vero/finto responsabile mediatore, la vera/finta segretaria e altre figure di poco rilievo, magari un autista, un collaboratore generico o un semplice portaborse di contorno; insomma tutto quanto serviva per aumentare la credibilità della truffa. E questo avveniva con più probabili acquirenti, perché molti alloggi sono stati “venduti” a più persone. Dopo l’ultimo incontro si procedeva ad un contratto preliminare di vendita fornendo atti autentici: visure, attestato di certificazione energetica, verbali di assemblea del condominio, piante catastali. E oltre ai documenti originali venivano fornite anche fotocopie della carta d'identità del venditore e relativa tessera sanitaria riportante il codice fiscale, il tutto perfettamente falsificato. Alla sottoscrizione del contratto si stabiliva la somma pattuita e si addiveniva all’accordo che venisse versata una caparra o un anticipo sul prezzo (percentuale che variava in base alla trattativa, ma che si attestava sempre su cifre importanti che oscillavano dai minimo 30 mila euro e che potevano arrivare anche a sfiorare i 300/400 mila euro) tramite bonifico bancario o tramite la consegna di assegni bancari o circolari. Per non destare sospetti, e per rimandare il più possibile il momento in cui le persone truffate potessero capire di essere rimaste vittime di una truffa, e per poter aumentare il numero delle vendite dello stesso appartamento a più vittime, i truffatori cercavano di prendere tempo con le scuse più probabili possibili e mantenevamo nel frattempo cordiali rapporti con gli acquirenti attraverso una comunicazione continua con email e sms. La stesura del contratto definitivo poteva avvenire addirittura in studi notarili, presi a caso dall’elenco dei Notai di Milano. Quando il bonifico (o il versamento degli assegni ricevuti) giungeva sul conto corrente aperto con i documenti falsi, il denaro veniva immediatamente prelevato o fatto transitare su un altro conto corrente in Svizzera, sempre aperto con i falsi documenti serviti per l’intera operazione. Dopodiché avveniva il riciclo vero e proprio del denaro attraverso l’acquisto di lingotti d’oro, sempre utilizzando i documenti clonati, acquistati presso negozi o ditte specializzate di Milano, o della Svizzera. I casi accertati sono relativi ad immobili di Milano in zone centrali e di prestigio a Milano e più precisamente in via Vaina; via Pagano; via Melzi d'Eril; via Solari; via Ippodromo e corso Indipendenza.
L’INDAGINE
La complessa indagine ha avuto inizio quando le denunce presentate dalle numerose vittime della truffa, presentavano identiche modalità e caratteristiche, seppur perpetrate da individui con nomi diversi. Alla luce della serialità di diciassette episodi denunciati, i procedimenti sono stati riuniti, con conseguente conduzione delle indagini, affidate al Nucleo Investigativo dell'Anna dei Carabinieri di via Moscova. Gli investigatori hanno subito proceduto all'analisi dei tabulati del traffico telefonico delle utenze che venivano fornite alle persone truffate durante le trattative. Si è subito capito però che si trattava di telefoni cellulari e sim-card "usa e getta" e intestati ai falsi venditori o a persone inesistenti, e che non venivamo mai riutilizzati dopo il compimento del raggiro. Il traffico telefonico era limitato alle sole chiamate inerenti alle trattative immobiliari. L’unico dato investigativo rilevante emergeva dall'esame degli spostamenti sul territorio. Tutte le utenze avevano frequenti e quotidiane localizzazioni con l'attivazione dei ripetitori, oltre che nella zona in cui erano ubicati gli immobili oggetto delle finte vendite, in Milano e vari comuni dell’Hinterland. Si rilevavano anche spostamenti in Svizzera, in concomitanza con il perfezionamento dei raggiri, verosimilmente da ricollegare alle formalità relative all'apertura dei conti correnti e, dopo la truffa, al ritiro del denaro. Gli investigatori procedevano quindi agli accertamenti sul territorio nei luoghi in cui i cellulari venivano localizzati, ma senza successo. Non rimaneva che tentare, attraverso l'acquisizione dei tabulati di traffico telefonico di tutte le utenze attive in tali aree contestualmente a quelle prese in considerazione per le ricerche fino ad allora effettuate, di scoprire se vi fossero altre utenze che si spostavano parallelamente a quelle sotto osservazione e se i truffatori, nei loro spostamenti, avessero commesso l’errore di portare al seguito altri telefoni cellulari. Questo mastodontico accertamento ha consentito di arrivare alla prima identificazione. In esito ad una delle tante truffe perpetrata il 16.4.2014 ai danni di E.V., veniva individuata un'utenza cellulare in cui si registravano spostamenti del tutto coincidenti a quelli relativi ai cellulari utilizzati dai truffatori, perciò verosimilmente nella disponibilità della stessa persona. Tale utenza era intestata ed in uso a Eugenio Pulici, ripreso dalle telecamere posizionate presso la Banca Etruria nell'atto dell’ingresso in banca, nella data in cui veniva disposto il bonifico della somma indebitamente ricevuta da una delle persone truffate. L’utenza cellulare di Pulici veniva quindi sottoposta ad intercettazione. Si arrivava così all'identificazione di Neza Terezija Vidmar, in occasione dell'incontro con Pulici presso l'abitazione della donna, alla presenza anche di un’altra persona, successivamente identificata in Luciano Chierici. La successiva attività di indagine consentiva di apprendere come i truffatori utilizzassero per comunicare tra loro, oltre alle utenze cellulari dall'intestazione fittizia, anche telefonici pubblici. Le telecamere comunali consentivano inoltre di individuare il chiamante e l'autovettura che utilizzava, una Ford B-Max di colore blu. Si accertava che l'auto veniva parcheggiata nei box del condominio di via Gaetana Agnesi n. 1, dove è residente la moglie di Chierici. Si acquisivano dunque le fotografie di quest'ultimo e, ponendole a confronto con quelle apposte sui documenti falsificati, emergeva con chiarezza l'identità tra i due soggetti. Nel contesto delle attività di investigazione del Chierici, grazie alle riprese effettuate dalle telecamere comunali, emergeva che, in più occasioni, lo stesso veniva accompagnato a Milano della moglie del Ferioli. La conferma del coinvolgimento del Ferioli è giunta infine grazie al riconoscimento effettuato da numerose vittime della truffa in sede di individuazione fotografica. Grazie allo stesso tipo di confronto incrociato si è arrivati ad individuare il Crespi e la Corno. Il confronto tra la fotografia posta sulla carta di identità della Corno e quella applicata sul documento recante la falsa generalità del proprietario dell'immobile di via Pagano, permetteva di accertare che si trattasse della medesima persona. Attraverso ulteriori riscontri si identificava infine anche la Maffi, che, nel corso delle trattative relative alla falsa vendita dell'appartamento di via Melzi d'Eril si presentava ai potenziali acquirenti con il proprio nome di battesimo.
http://www.affaritaliani.it/cronache/truffa-immobiliare-lombardia-427807.html