sabato 5 dicembre 2020

ministro speranza ...un falso

Distanziamento sociale e norme di sicurezza, ma non per tutti. Molti politici, da Giuseppe Conte in giù, nelle settimane dell'emergenza coronavirus sono incappati in qualche gaffe. Ora, tocca al ministro Roberto Speranza, contro il quale si scatena Striscia la Notizia in un servizio trasmesso nella puntata del tg satirico su Canale 5. Già, perché in un'intervista concessa al Tg1 direttamente dal finestrino della macchina, il ministro della Salute si mostra mentre non rispetta le disposizioni del suo stesso governo. Al suo fianco un autista, nessuno dei due indossa alcun dispositivo di protezione, mascherine in primis. E anche la distanza dal giornalista che lo interpella lascia qualche dubbio. La sintesi di Striscia la Notizia? "Se questa non è una figura di Merda 


Carminati..Cassazione conferma confisca beni

La Cassazione conferma la confisca dei beni di Carminati e Buzzi. Valore: 30 milioni di euro

i giudici hanno reso definitiva la richiesta di sequestro dei pm romani nell'ambito La Corte di Cassazione ha confermato la confisca dei beni per Massimo Carminati, capo del suo clan romano e a Salvatore Buzzi, imprenditore delle coop sociali Roma. Si tratta di un patrimonio del valore complessivo di 30 milioni di euro che era stato sequestrato su richiesta dei pm romani Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini e riguarda fra le altre cose opere d'arte, quadri di pregio, terreni e fabbricati. Il provvedimento di confisca ha riguardato anche gli altri affiliati al clan Carminati, come Riccardo Brugia.


Tutto ciò è legato all’inchiesta “mondo di mezzo” a cui lo scorso ottobre gli ermellini hanno tolto l'aggravante mafiosa per i 18 imputati che l'avevano sui 32 che avevano fatto ricorso al Palazzaccio, ma oggi come allora non ci sono ragioni per rallegrarsi. Il quadro di quanto accadeva nell'assegnazione degli appalti dei servizi del welfare capitolino è devastante. Tutto, dalla gestione dei campi nomadi, ai migranti, alla manutenzione del verde, era improntato a un "mercimonio" di pubblici funzionari, imprenditori e politici della Capitale. Una folla di collusi che diceva sì al “sistema” messo in piedi dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi, e dall'ex nar Massimo Carminati.

Ci sono volute 379 pagine agli 'ermellini' per 'declassare' l'indagine della procura di Roma dell'era di Giuseppe Pignatone, da inchiesta per mafia a due “semplici” associazione per delinquere. Gregari e comprimari di una Roma in piena decadenza morale e gestionale, non usavano armi e nemmeno l'intimidazione, dice la Cassazione cancellando l'ombra mafiosa. Ma solo il volto ed il nome di Carminati, che di fatto a qualcuno ha fatto paura e si è piegato ai loro voleri. Un metodo ben conosciuto nel meridione, ma difficile da far comprendere ai giudici di merito.

Adesso le misure di prevenzione sulla confisca sono state confermate, accogliendo di fatto ciò che nel 2018 aveva scritto il tribunale presieduto da Guglielmo Muntoni e cioè che siamo in presenza di soggetti «pericolosi socialmente e la loro pericolosità, ritenuta di rilevante spessore, ancora oggi ha i caratteri dell'attualità». In primo grado, quando l’aggravante di mafia non è stata riconosciuta dal tribunale di Roma, Carminati e Buzzi sono stati condannati rispettivamente a 20 e a 19 anni, pene che non dovrebbero far sorridere gli imputati.
Adesso la loro condanna deve essere rivalutata dalla Corte d'Appello di Roma chiamata a  rideterminare, dopo la sentenza di Cassazione, le pene per 20 imputati coinvolti nel processo Mondo di Mezzo. Lo scorso settembre i giudici della prima sezione hanno aggiornato il procedimento al 3 novembre. Buzzi e Carminati sono nel frattempo stati scarcerati lo scorso giugno per decorrenza dei termini.

Al momento sono diverse le proposte di concordato giunte al procuratore generale. In apertura dell'udienza l'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi. Oggi Diddi è allo stesso tempo anche il promotore di giustizia del Vaticano, uno dei titolari dell’inchiesta sul cardinale Becciu che ha ordinato anche l’arresto di Cecilia Marogna, la consulente e manager cagliaritana coinvolta nello scandalo vaticano che è costato le dimissioni all’ex numero 2 della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu. Il difensore di Buzzi durante l'udienza in appello per il mondo di mezzo ha reso noto di aver ricevuto un esposto da parte del collegio del primo processo d'Appello per le parole utilizzate durante l'arringa. Per Diddi si tratta di «Un esposto che arriva a due anni di distanza da quell'arringa e che mi è stato notificato a un mese di distanza dal processo d'Appello bis. Una tempistica che lascia senza parole. E ho chiesto al Consiglio di disciplina dell'ordine che la mia pratica venga trattata il primo possibile, voglio essere giudicato il prima possibile».

icardi il solito cornuto


"Maradona e Wanda Nara, quella notte tremavano i mobili..."

Tornano a circolare le voci della notte di passione tra l'ex Pibe de Oro e l'attuale moglie di Icardi

Con la scomparsa dell'ex Pibe de Oro torna a far discutere sui social l'indiscrezione di qualche tempo fa secondo la quale ci sarebbe stato un flirt tra Maradona e Wanda Nara, attuale moglie del bomber ex Inter Mauro Icardi. Una notte di fuoco tra Diego e la soubrette argentina. La voce, sempre smentita dall'attuale moglie dell'interista Mauro Icardi, circola da tempo in Argentina. A scatenare i gossip fu Mirtha LegrandFui testimone uditiva del loro incontro», rivelò due anni fa in un'intervista a 'La Nación' l'attrice e presentatrice molto celebre in Patria. «Mi ricordo che a volte si era parlato di qualche loro uscita. Io stavo pranzando a Mar del Plata, sulla Costa Galaba, e quando stavo per uscire mi si avvicinò lei che mi disse "Perché non mi inviti nel tuo programma?". Io le risposi: Sei quella che è stata con Maradona? Ieri notte non mi avete fatto dormire».

Maradona e Wanda, ecco cosa successe quella notte

A quanto sembra - scrisse 'La Nacion' - la bionda e l'ex calciatore avrebbero vissuto una notte di passione nella stanza vicina a quella della Legrand, impedendole di prendere sonno: «Io ero nella suite presidenziale, vicina a loro, e non si poteva dormire per il rumore. Si muovevano i mobili, non so cosa facevano. Questo racconto è vero e accadde tanti anni fa. Fui testimone uditiva dell'incontro». Dichiarazioni che fecero ovviamente fatto rumore in Argentina e alle quali è probabilmente rivolto un post Instagram di Wanda Nara: «Non vivere dando spiegazioni, i tuoi amici e la tua famiglia non ne hanno bisogno e il resto della gente non è importante...».

Wanda Nara, giornata a cavallo: e spunta un selfie senza veli

Wanda Nara

Icardi nella bufera per una foto

Ha avuto un'ampia eco mediatica l'omaggio del PSG a Diego Armando Maradona, ma non per la nobiltà del gesto, una foto con tutta la rosa transalpina stretta attorno alla maglia numero 10 della Seleccion argentina, "di proprietà" del Pibe de Oro ad imperitura memoria, bensì per l'espressione assunta da Mauro Icardi al momento dello scatto. Il popolo del web ha notato un sorriso nel volto dell'ex attaccante dell'Inter.

Carminati torna finalmente libero

Massimo Carminati poco prima di lasciare il carcere di Massama (Oristano)

Il “Nero” esce dal carcere dopo 5 anni e 7 mesi per scadenza dei termini. Bonafede invia gli ispettori. Il legale: così mette sotto pressione i giudici



ROMA.  Il «quarto re di Roma», per la smania di soldi e di potere nella capitale. «Er cecato», per aver perso un occhio durante un conflitto a fuoco con la polizia. Il «Nero» di Romanzo criminale, per il suo passato di terrorista di estrema destra nei Nar. Tre modi per definire Massimo Carminati, che ieri mattina è uscito dal carcere di Oristano per decorrenza dei termini, ma che da oggi ha l'obbligo di dimora nella sua casa a Sacrofano, provincia di Roma. Insieme con l’obbligo di dimora gli è stato notificato anche il divieto di espatriare. La limitazione nei suoi confronti è stata ordinata stamani dalla Corte d'appello di Roma, per scongiurare il pericolo di fuga. Si ricorda a proposito la sua rocambolesca fuga nel 1981, quando cercò di oltrepassare il confine svizzero e perse un occhio in un conflitto a fuoco.

L’imputato principale dell’inchiesta Mafia Capitale, che poi mafia non era come ha decretato a ottobre la Cassazione, riacquista la libertà proprio grazie alla derubricazione dell’accusa più infamante, quella di essere appunto un mafioso. Il suo avvocato, il professore Cesare Placanica, è riuscito, insieme al collega Francesco Tagliaferri, a farlo liberare per una questione tecnica e oggettiva: la scadenza dei termini di custodia cautelare, con il meccanismo della contestazione a catena.



Oristano, la scarcerazione di Massimo Carminati dopo 5 anni e 7 mesi

La riconquista della libertà di Carminati ha scatenato l’ira del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha incaricato l’ispettorato generale di verificarne la legittimità, e quella del leader della Lega Matteo Salvini, che sentenzia: «Il ministro della Giustizia dorme e gente come Massimo Carminati esce dal carcere».

In realtà non poteva essere altrimenti, perché una volta scaduta la contestazione del 416 bis, è rimasta come accusa maggiore quella della corruzione, i cui termini della custodia cautelare erano scaduti già il 30 marzo scorso. Ma la corte d’Appello per tre volte ha rigettato il ricorso degli avvocati. «Siamo soddisfatti che la questione tecnica che avevamo posto alla corte d’Appello e che tutela un principio di civiltà sia stata correttamente valutata dal Tribunale della libertà», commenta l’avvocato Placanica che stigmatizza anche la volontà del ministro Bonafede di ricorrere agli ispettori. «Le ispezioni si fanno ma non si annunciano - osserva il professore -. Con le sue dichiarazioni il ministro vuole mettere sotto pressione i giudici. Ma questi non devono essere coraggiosi, devono essere sereni. E non possono certo lavorare minacciati dal ministro».

Resta invece ancora ai domiciliari Salvatore Buzzi, il ras delle cooperative rosse: lui e Carminati erano a capo di due sodalizi criminali che hanno alimentato la corruzione nella capitale, negli appalti dell’emergenza immigrati, del verde pubblico, della raccolta rifiuti, coinvolgendo colletti bianchi e politici sia del Pdl sia del Pd. L’inchiesta di Mafia capitale è inoltre conosciuta come Mondo di mezzo per un’intercettazione in cui Carminati dichiarava: «È la teoria del mondo di mezzo compà, ci stanno come si dice i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo». Quello spazio, cioè, in cui il mondo dei politici incontra quello dei criminali.

Carminati, nato a Milano ma romano d’adozione, 62 anni, è stato condannato a 14 anni e mezzo ma la pena non è definitiva. Quando gli ermellini hanno negato la componente dell’associazione mafiosa hanno infatti ordinato alla corte d’Appello un ricalcolo degli anni. È probabile, quindi, che la condanna venga diminuita.

Uomo spietato, non avvezzo alle feste mondane come altri criminali del suo calibro, Carminati conserva, da quarant’anni, un mare di segreti. Tra i quali quelli scoperti quando ideò il furto al caveau della Banca di Roma all’interno del Palazzo di Giustizia a Piazzale Clodio nel 1999 in cui, fra l’altro, venne rubata documentazione per ricattare i magistrati. A lungo si è poi sospettato di un suo ruolo con i servizi segreti nel depistaggio delle indagini per la strage di Bologna. È stato prosciolto dall’accusa di essere uno dei killer di Mino Pecorelli e ritenuto vicino alla banda della Magliana. Quand’era al liceo, si era legato molto ad alcuni compagni di scuola come Franco Anselmi, ex missino e fondatore dei Nar, e Valerio Fioravanti, condannato in via definitiva per la strage alla stazione di Bologna. Nella sua lunga carriera criminale ha beneficiato di tre indulti. Ora è di nuovo libero. Almeno fino a quando non arriverà la sentenza definitiva della Cassazione

caso Suarez...nn lo fanno apposta.........

La Procura federale ha già chiesto ai magistrati di Perugia gli atti ostensibili dell’inchiesta, relativi ai tesserati coinvolti; al momento, dunque, quelli che riguardano Fabio Paratici. Quando arriveranno, si cominceranno a trarre le prime valutazioni nel rispetto della specificità della giustizia sportiva per la quale — ad esempio — il tentativo di commettere un atto illecito equivale alla realizzazione dello stesso. Al momento il dirigente della Juve è indagato dalla Procura della Repubblica per le false dichiarazioni rese al pm, quindi non si configurano reati che portino dirette conseguenze sul piano sportivo. L’esame degli atti potrebbe però rivelare altri aspetti significativi per la Procura federale. Ciò che per la giustizia ordinaria non rappresenta un reato, insomma, potrebbe invece esserlo per quella sportiva. Situazioni del genere si sono già verificate in passato.

A Paratici potrebbe essere contestata in particolare la violazione di due articoli del Codice di giustizia sportiva: l’articolo 1, per violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità; l’articolo 32 comma 7, relativo all’introduzione in Italia di calciatori extracomunitari che non ne avrebbero diritto mediante «atti volti ad ottenere attestazioni o documenti di cittadinanza falsa o comunque alterati». Quest’ultimo è stato introdotto nel Codice dopo lo scandalo di Passaportopoli, che nel 2001 portò alla squalifica di alcuni calciatori e a multe per sette società (l’ammenda per l’Inter fu pari a 300 milioni di lire). Da allora, però, le pene si sono inasprite.

Una volta contestate tali violazioni a Paratici, andrebbe rilevata l’eventuale responsabilità della Juve e se questa sia diretta o indiretta. Cosa rischia il club? Le pene vanno dall’ammenda alla penalizzazione, fino alla retrocessione e all’esclusione dal campionato. Queste ultime, però, sembrano ipotesi remote. Secondo la società — è questa la linea difensiva — Suarez era un obiettivo di mercato e per questo si sarebbero prese informazioni in merito al suo tesseramento, ma poi è stato messo da parte. La Juve, in una nota ufficiale, «ribadisce con forza la correttezza dell’operato di Paratici e confida che le indagini in corso contribuiranno a chiarire la sua posizione in tempi ragionevoli». In effetti i tempi, in questa storia, cominciano a diventare importanti. Il contratto del dirigente scade il 30 giugno 2021 e nel recente passato il club è stato oggetto di diversi sommovimenti societari (l’ultimo a essere stato fatto fuori è Maurizio Lombardo, l’uomo dei conti: pare che abbia pagato il vecchio legame con Marotta). Che ne sarà di Paratici? E quanto potrebbe influire questa vicenda sul suo futuro?

mercoledì 10 giugno 2020

il tesoro di Milano

QUELLO RITROVATO A MILANO, NASCOSTO IN 28 SCATOLONI TROVATI DIETRO L'INTERCAPEDINE DI UN MURO, E' IL PIU’ GRANDE TESORO IN CONTANTI MAI BECCATO IN ITALIA - LA SVOLTA E’ ARRIVATA DALLE ANALISI DELLE MAPPE CATASTALI - L'UOMO DA 15 MILIONI DI EURO ERA UN ANONIMO NARCOTRAFFICANTE: NON AMAVA GLI SFARZI E SOGNAVA SOLTANTO DI GODERSI LA "PENSIONE" - LA COMPAGNA DICEVA: "HA TALMENTE TANTI SOLDI CHE I SUOI FIGLI POSSONO STARE BENE PER OTTO GENERAZIONI"

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Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera”

 

Una parte delle banconote aveva le prime tracce di muffa. Segno che negli ultimi due anni nessuno era andato a controllare il tesoro. E farlo sarebbe stato impossibile, perché quei 28 scatoloni dovevano restare lì fino alla «pensione». Fino a quando, come racconta la viva voce di Massimiliano Cauchi, 46 anni, «mi faccio fare i documenti e me ne vado via».

MILANO TESORO NARCOS

 

Una sorta di vitalizio per una carriera da trafficante di droga quasi immacolata. Se non fosse per due inchieste, la prima della Dda di Bologna e la seconda di Milano, che indicavano Cauchi come il capo di un traffico di hashish dal Marocco da tre tonnellate e sei milioni di euro all'anno. Perché lui, nonostante una condanna in primo grado a 17 anni e 4 mesi, era praticamente incensurato. E a lungo un fantasma nel mondo criminale milanese dominato da narcos calabresi e trafficanti di cocaina.

 

Massimiliano Francesco Cauchi, arrivato trent' anni fa con il padre da Scicli (Ragusa), invece aveva scelto un altro mercato. Quello di una droga che per molti è roba da «ragazzini», ma che garantisce rischi bassi e guadagni milionari. Nei 28 scatoloni trovati dietro l'intercapedine di un muro realizzato nella casa del padre in via Casoretto 33 a Milano, i poliziotti della Mobile hanno trovato la cifra «stimata» di 15 milioni di euro. Tutti in contanti, tutti in banconote di vari tagli: esclusi 5 e 10 euro. Il più grande sequestro di contanti mai fatto in Italia. Quantità «stimata» perché i poliziotti sono riusciti a contare solo il primo degli scatoloni: 551.340 euro precisi. Il resto è finito nei forzieri della Banca d'Italia, la sola struttura in grado di sanificare le banconote e di contarle tutte.

MILANO TESORO SPACCIO

 

Un sequestro che per il procuratore capo Francesco Greco rilancia l'allarme sul contante: «Una disponibilità simile di denaro cash è destabilizzante rispetto ai rapporti economici legali. Così la criminalità in una fase di crisi può acquistare tutto». «Ha talmente tanti soldi che i suoi figli possono stare bene per otto generazioni», diceva la compagna a un'amica.

 

Parole che insieme alle dichiarazioni di un pentito hanno convinto i poliziotti della Narcotici, guidati da Marco Calì e Domenico Balsamo, a non mollare le indagini dopo l'arresto dell'ottobre 2019. Da allora Cauchi era prima finito in una comunità, poi ai domiciliari nella casa di viale Monza. Il tutto nella speranza prima o poi di «mollare» e ritirarsi alla meritata pensione. La svolta dopo aver scoperto nel padre Giuseppe e in un muratore, Carmelo Pennisi, i complici del riciclaggio.

 

MILANO TESORO NARCOS

«Spesso si ipotizza che i pagamenti dei narcos avvengano in bitcoin, ma la realtà è che il grosso è fatto con il contante, l'unico a non lasciare traccia», le parole del capo della Dda di Milano, Alessandra Dolci che ha coordinato l'inchiesta con i magistrati Adriano Scudieri e Francesca Crupi. La banda di Cauchi teneva la droga dietro alle pareti dei box (1.100 chili nel 2018).

 

La svolta è arrivata dall'analisi delle mappe catastali e da quei 40 centimetri mancanti in camera da letto, proprio dietro un armadio a sei ante. Li era nascosto il tesoro. È l'ammontare di denaro in banconote di vario taglio custodito all'interno di scatoloni e poi nascosto in una intercapedine ricavata all'interno di una parete dell'appartamento, a Milano, del padre del trafficante Francesco Massimiliano Cauchi.

 

2 - L'ANONIMO TRAFFICANTE

Cesare Giuzzi per il “Corriere della Sera”

 

L'uomo da 15 milioni di euro alla ricchezza sconfinata aveva aggiunto una pazienza quasi monastica. La convinzione che prima o poi quei soldi sarebbe riuscito a goderseli. Massimiliano Cauchi aveva un tenore di vita «normale»: una casa in una zona semicentrale, niente macchinoni, nessun colpo di testa.

 

MILANO TESORO SPACCIO

Solo il padre Giuseppe, 68 anni, che lui stipendiava e che per conto del figlio stava trattando l'acquisto di un piccolo appartamento in periferia, aveva invece la passione per le auto d'epoca. Mercedes, vecchie Fiat 500 e il sogno di possedere una Maserati. Robetta per chi, l'avesse voluto, avrebbe potuto comprarsi un top player di calcio e goderselo per qualche mese nel giardino di casa.

 

Cosa significhi trovarsi davanti a 15 milioni di euro lo raccontano gli investigatori della Narcotici che hanno dato la caccia al tesoro di Cauchi: «Un milione di euro, in banconote di vario taglio, sta in due scatoloni. Tutto quello che nessuno di noi riuscirà a guadagnare nella vita chiuso dentro due scatole di cartone». Il blitz è scattato il 2 giugno. Il giorno prima i poliziotti hanno setacciato la casa della compagna e l'officina (abusiva) del padre in via Deruta. Qui sono sbucati, poco alla volta, i primi soldi: 26 mila euro. «A un certo punto sono saltate fuori diverse valigie. Erano vuote, ma in una c'erano 250 euro.

MILANO TESORO SPACCIO

 

Dimenticati come succede con un paio di calzini al ritorno dalle vacanze. Abbiamo capito che il tesoro era stato lì». Quarantacinque anni, da 12 alla Narcotici, a parlare è l'agente che ha dato i primi colpi al muro: «Il martello l'ho portato da casa la mattina. Così come il righello per misurare le piantine catastali». Com' è trovarsi davanti a 15 milioni? «Per noi è stata la sensazione di aver chiuso il cerchio. Perché quasi mai dopo un'operazione antidroga si riesce a mettere le mani sul tesoro dei narcos. Certo, poi ci ripensi e capisci cosa significhino tanti soldi...

 

Ma nessuno ha avuto tentennamenti, non scherziamo». Per chi pensa male, magari viziato da qualche fiction americana, va detto che come ormai da prassi ogni operazione viene videoripresa. «Non siamo riusciti a contarli tutti, anzi. Il sospetto è che chi li ha nascosti abbia fatto lo stesso. Probabilmente pesando le scatole o considerando che in ogni confezione ci stavano 500 mila euro». L'uomo che li ha murati, secondo le indagini della Dda di Milano e della Mobile, è stato il più importante fornitore di hashish della piazza milanese.

 

Una droga che spesso si pensa relegata a criminalità straniere. In questo caso era Cauchi a gestire i rapporti con i produttori in Marocco: acquisto a 300 euro al chilo, rivendita all'ingrosso a 3 mila. I pacchi di hashish viaggiavano su yacht fatti attraccare a Bocca di Magra (La Spezia) o a Rapallo (Genova). Poi con macchine caricate su carri attrezzi la droga arrivava a Milano. Dopo la scoperta del tesoro il 46enne è tornato in carcere su disposizione del gip Raffaella Mascarino. Mentre era ai domiciliari i poliziotti avevano nascosto una cimice sotto al lavandino.

MILANO TESORO SPACCIO

 

Nelle intercettazioni Cauchi parlava di soldi da spedire in Spagna tramite «un cinese» e dell'acquisto di un ristorante. «Quando uscirà di prigione con tutti i soldi che ha potrà garantire l'autosufficienza a 8 generazioni», diceva la compagna al telefono. La stessa che, forse non conoscendo la reale disponibilità del marito, lo invitava: «Vai a prendere i soldi da chi te li deve che ti devono dare un milione di euro e non hai fatto niente». Qualche settimana dopo un tubo rotto ha fatto scoprire la cimice e da allora Cauchi è stato molto più guardingo.

 

Soprattutto con il padre Giuseppe. Era lui il guardiano del tesoro. Una parte dei soldi, 130 mila euro, erano nascosti in una cassaforte a casa sua, insieme a diverse armi di cui è regolare collezionista. Soldi per le spese di tutti i giorni. «Se mi girano i c.... me ne vado proprio fuori dal c..., te lo giuro», diceva Cauchi alla compagna. Ora i 15 milioni finiranno nelle casse del Fondo unico giustizia.

MILANO TESORO NARCOS

martedì 9 giugno 2020

ronnie-cuper

L'addio di Ronaldo all'Inter: alcuni retroscena
28/05/05Thor
F.Rossi ha messo assieme alcuni avvenimenti che portarono alla
partenza di Ronaldo nell'estate 2002.
Cose in larga parte risapute ma messe così assieme forse faranno
ripensare a qualcuno  le pesanti considerazioni espresse sul campione
brasiliano.

Su Ronaldo ci sono stati dei fatti che non tutti conoscono.
Si infortuna giocando nell'inter mentre è capitano.
Quando guarisce Cuper gli toglie la fascia di capetano e la consegna a
Zanetti perchè "un argentino è meglio".

Nella juve si è infortunato Del Piero e quando è guarito ha riavuto la
fascia, così Maldini e Totti, campioni che non facevano quella
differenza che ronaldo faceva all'inter.

Fu uno sgarbo colossale, Ronaldo lo fanno rientrare per tre minuti
contro L'Ipswich sul 4 - 0 a pochi minti dalla fine dopo averlo fatto
scaldare un'ora.

Il giorno dopo lo stesso Ronaldo offeso dal gesto di Cuper andò da
Moratti decendogli che nella stessa sera sarebbe volato per sempre in
Brasile.

Moratti telefonò a Cuper e lo convinse a mandarlo in campo contro il
Brescia, la partita nella quale segnò il primo gol dopo l'imfotunio,
ma prima che la partita iniziasse il tecnico gli spiego' che avrebbe
dovuto scalare sul portatore di palla avversario, proprio come faceva
Kallon.
A queste parole tutti i giocatori presenti nello spoglioatoio
sorrisero. Ronaldo si rivolse a Cuper e disse: "Mister, perchè non fa
giocare Kallon come Ronaldo?"
Tra i due noin ci fu più feeling.

Ci fu la partita di Brescia dove la vinse da solo e anche quella con
il Piacenza dove segnò

Arrivò quella con l'Atalanta e mentre questa stata vincendo 2-1
Ronaldo cominco' il riscaldamento sino alla fine e al suo posto entrò
Ventoola, che indubbiamente era meno bravo ma che Cuper considerava
più intelligente di Ronaldo.

Contro il Chievo Ronaldo mise talmente in affanno la difesa del Chievo
che segnò un gol di puro terrorei, gli fu negato un clamoroso rigore
da De Santis e infine fu sostituito a pochi minuti dalla fine, con
l'inter che stava vvincendo.
Uscito Ronaldo il Chievo si riversò nell'area dell'inter e al finire
del tempo pareggiò.

Del 5 maggio è merglio non parlare visto che fu sostituito più o meno
al minuto che nella finale Germania- Brasile segnò  il primo dei due
gol che lo portarono al titolo mondiale.

Nel frattempo c' è da ricordare che alcuni emissari dell'Inter
(Terraneo in prima fila) da gennaio a marzo hanno viaggiato in ogni
luogo offrendo il cartellino di Ronaldo perchè in casa interista
nessuno credeva più al suo recupero.

Ronaldo fu acquistato dall'Inter con i soldi della Nike che lo
sponsorizzata e fece firmare all'inter circa trecento miliardi di
contratti ed in pratrica è stata la Nike a pagargli sempre lo
stipendio. L'Inter con Ronaldo prendeva dalla Nike 24 miliardi, senza
di lui solo 16.

L'ha resa ricca e famosa e il 7 maggio, prima di partite per il
Giappone ricevette ampie assicurazioni (le stesse date anche a
Seedorf): poteva andare al Mondiale trnquillo che tanto al ritorno non
avrebbe trovato più Cuper.

Una sera di giugno, a Saitama, alla viglia della partita di semifinale
con la Turchia, a Ronaldo capito' un giornale italiano nel quale c'era
scritto che l'Inter avrebbe rinnovato il contrattio a Cuper.

Ci rimase male e confidò ad alcuni amici: sono tornato ad essere il
numero uno al mondo e non torno da un allenatore che mi considera la
riserva di Ventola."

Andai a casa mia (in affitto) in Giappone e telefonai a Moratti
raccontando l'episodio, consigliandolo anche di venire a Yokohama per
la finale e convicere Ronaldo a cambiare opinione.

Moratti mi rassicurò dicendomi che al ritorno in Italia avrebbe
convinto Ronaldo a restare all'Inter.

Ronaldo disse che se non fosse stato ceduto sarebbe rimasto all'Inter,
ma chiaramente controvoglia.
Accettò le offerte del Real che ancora adesso deve finirlo di pagarlo
all'Inter, grazie a uno stravagante contratto.

Ronaldo nel periodo interista fu il più interista di tutti, il primo
anno lascò la maglia numero 9 a Zamorano perchè lo stesso Zamorano gli
disse che in Cile era una star.

Fu l'unico che il giorno del famoso rigore di Ceccarini andò davanti
alle telecamere di tuto il mondo dicendo che la Juve vinceva perchè
era aiutata dagli arbitri (e fu squalificato) , fu l'unico che il 5
maggio pianse senza ipocrisia per la sconfitta dell'inter mentre altri
poche ore più tardi si presentarono da Moratti chiedendo un aumento di
ingaggio.

Penso che questo basti per far capire che Ronaldo non è stato un
vigliacco.
Al momento della trattativa con il Real qualcuno "consiglio" gruppetti
di tifosi a manifestare contro di lui sotto la sede e all'aeroporto.

Questa è una parte di verità, altre probabilmente verranno rivelate
fra qualche anno.

Ronaldo dall'Inter se ne è andato avendo vinto qualcosa (l'unica cosa
vinta in questi dieci anni) e che non andrà mai al Milan nemmeno per
un miliardo di euro.
Piuttosto gratis all'Inter, di questo sono sicuro.

domenica 7 giugno 2020

il coronavirus è guerra battereologica

Il Coronavirus è guerra batteriologica: questa l’idea del Cardinale dello Sri Lanka e Arcivescovo di Colombo, Sua Eminenza Malcolm Ranjith e di Richard Ebright, esperto di biosicurezza della Routger University’s Waksman Institute of Microbiology( New Jersey-Stati Uniti).

coronavirus-grafica-virus-696x464Dimenticate l’influenza, questa malsana idea che ci hanno propinato  corichard--web copyn l’arrivo del Coronavirus che ha scatenato un’epidemia mondiale. Nessuno si allarmi ma riflettiamo su considerazioni che  arrivano da tutto il mondo, e cerchiamo  di seguire  quanto le autorità sanitarie nazionali e internazionali ci impongono. In Italia   decine di migliaia le persone contagiate ( lo dicono i modelli matematici), e migliaia  e migliaia quelle che sono morte, nello strazio di noi tutti. Non è da meno nel mondo intero e negli Stati Uniti. La Cina ora trema per la seconda ondata. La situazione numerica è in  crescendo  con mille drammi per tutti, dal personale medico e paramedico, ai bambini e gli anziani, ai malati lasciati soli, ai moribondi abbandonati a se stessi, senza neppure la somministrazione dei Sacramenti. Pare  che la notizia, data dal Tgr Leonardo (Rai Tre) nel 2015   e fornita agli spettatori italiani,  sul virus messo in piedi da un laboratorio non abbia  poi tutti i torti. A rivedere la tesi del coronavirus uscito da un laboratorio è il Bulletin of Atomic Scientists americano che rilancia la neceCardinal_Ranjithssità di indagare sull’origine dell’attuale pandemia. Secondo quanto riporta il Bulletin e, successivamente anche il Fatto Quotidiano, gli esperti concordano sul fatto che SarsCov2 non sia stato manipolato in laboratorio con lo scopo di creare un’arma biologica, ma non escludono la fuoriuscita accidentale. Il motivo? I centri di Wuhan hanno il livello di biosicurezza che “fornisce solo una minima protezione contro eventuali infezioni del personale”. Parola del Bulletin. A fargli eco  il Prof. Richard H. Ebright americano esperto di biosicurezza della Routger University’s Waksman Institute of Microbiology (Richard H. Ebright è un biologo molecolare americano. È professore di chimica e biologia chimica presso la Rutgers University e direttore di laborator800px-Old_Queens,_New_Brunswick,_NJ_-_looking_north,_2014io presso il Waksman Institute of Microbiology). Anche lui della stessa idea: il Centre for Disease Control e il Wuhan Institute of Virology non hanno livelli adeguati a quelli dei rischi che questi esperimenti con tali patogeni rappresentano per l’uomo. Insomma, nessuno, ora come ora, si sente di escludere l’ipotesi.

Molti opinionisti  sostengono che l’epidemia da Coronavirus, giunta anche in Italia, sia stata generata intenzionalmente. Forse genesi per  contrastare guerre fra  processi economici di paesi diversi, di cui si  ledono gli interessi di mercato. Convinzione  essere sorretta dal modo in cui l’epidemia è esplosa, dal luogo in cui è esplosa e dall’attuale scenario economico, nonché dall’uso di strumenti bellici diversi da quelli utilizzati nel secolo scorso. Noi storici sappiamo da sempre che  la storia insegna che le guerre nei secoli sono esplose per motivi economici. Pensavamo  potesse avvenire ancora una guerra con fronti, mitragliatrici, carri armati e bombe atomiche? Cose impensabili oggi perché scopertamente evidenti  a tutti  e rivelare ai più tale scenario e lo stato canaglia. E’ chiaro che i modi di scatenare  una guerra potevano cambiare, e infine poter pensare  anche a una guerra batteriologica o biologica.9485810 La  nuova apocalisse è arrivata con il virus COVID 19, e forse non sarà l’ultima. Gli opinionisti affermano che il dominio del mercato e la mira degli Stati ad essere potenza economica sono ancora motivo di contese e rivalità.  E’ il dio denaro a muovere i colossi economici mondiali; sostengono che la Cina è il nuovo conquistatore dei mercati mondiali e, per tale motivo, il virus ha avuto il suo focolaio in una grande città cinese, con l’intento  di generare paura e morte, e forse anche fermare i mercati. Il virus non si è fermato in Cina, è arrivato anche  in altri continenti e nazioni. Ed è giunto anche in Italia, soprattutto in Lombardia, visto che la nostra regione è il cuore economico della nazione. Tra virologi, infettivologi  e politici, ognuno ha da dire la sua, si azzuffano, si rimpallano responsabilità, mentre i medici in prima linea cercano di fare il meglio per fronteggiare questa peste. E’ sotto gli occhi di tutti  che la Germania è ai ferri corti con gli americani per ragioni di mercato mondiale e per la Via della Seta (Russia, Cina…), la Deutschebank è prossima al baratro perché  piena di derivati (in buona  parte USA) col virus come pulsante rosso di una tremenda crisi finanziaria globale attesa da anni (il MES non è lì per caso,  e ce la faranno pagare coi risparmi); intanto il 5G non  è stato gradito da Trump e la Cina, che ha in mano il debito USA, ha una popolazione convinta dal proprio governo che il Coronavirus provenga dalla CIA…; a tutto ciò si aggiungono le aspirazioni tedesche al nucleare francese, quando  l’Unione Europea completasse il suo disegno unitario di emancipazione dagli americani, in chiave ( poveri noi ) finanziario/militare (che è quello che interessa ai tecnocrati,  e non il  benessere dei cittadini e solidarietà). Ecco perché sarà bene adesso pensare di uscire presto dalla Comunità Europea, senza si e senza ma.

Uno stimabile  cardinale di Santa Romana Chiesa, sua Eminenza  il Cardinale Malcolm Ranjith ha parlato  di virus creato in laboratorio: “Prodotto di sperimentazioni senza scrupoli. I responsabili a processo per genocidio”. Parole gravissime e che lasciano aperti mille interrogativi. rosarioAltro che pipistrelli e serpenti. Sull’origine del nuovo coronavirus che si sta diffondendo sempre di più nel mondo è pur vero che si sentono ogni giorno storie diverse, tanto che  secondo la versione ufficiale, il virus sarebbe stato trasmesso all’uomo da pipistrelli contaminati venduti al mercato di Wuhan. Ma  sono anche spuntate altre ipotesi che parlano di un virus creato in un laboratorio a due passi dal mercato della megalopoli cinese. Una teoria che ha fatto  il giro del mondo e  che con il passare dei giorni ha assunto altre sfaccettature: si è parlato infatti di laboratori militari, dove si lavora in gran segreto allo sviluppo di armi chimiche, e persino di complotto internazionale. Ora a sostenere quest’ultima tesi è il cardinale dello Sri Lanka, terra martoriata per i cristiani,  l’Arcivescovo di Colombo, Malcolm Ranjith. Secondo lui c’è solo una spiegazione al virus che arriva dalla Cina: è stato creato in laboratorio. L’arcivescono è infatti convinto che il Covid-19 sia un prodotto dell’uomo e per questo, da quanto riferito dalla stampa locale, le Nazioni Unite dovrebb150320_8-500x500_12ero aprire le indagini e portare i “responsabili a processo per genocidio“. Nonostante le puntuali smentite, l’ipotesi del virus prodotto in laboratorio continua a farsi strada. Anche il quotidiano Il Messaggero ha riportato che il cardinale Ranjith è convinto che il coronavirus sia stato creato in seguito a “sperimentazioni da parte di una nazione ricca e potente. Alcuni virus di cui parliamo in questi giorni sono il prodotto di sperimentazioni senza scrupoli. Dobbiamo mettere al bando questo tipo di sperimentazioni che portano al risultato della perdita di vita e causano dolore e sofferenze a tutta la umanità”.La posizione del Cardinale Malcolm Ranjith Arcivescovo di Colombo  ha  acceso forti polemiche; le parole del cardinale infatti hanno suscitato grande clamore, ma lui ha continuato a difendere la sua teoria: “Questi tipi di ricerche non si realizzano per persone nei Paesi poveri ma in laboratori di Paesi ricchi – ha spiegato Malcolm Ranjith -. Produrre queste cose è un crimine molto serio per l’umanità. Chiedo al Signore di arrivare a rivelare chi ha seminato questo veleno. Penso che le Nazioni Unite debbano attivarsi per capire come è nato tutto questo incidente e castigare i reponsabili. Queste ricerche dovrebbero essere proibite”.

Intanto con orgoglio  abbracciamo il Tricolore e cantiamo “Fratelli d’Italia”, ma  non basta,  noi uomini di fede  abbracciamo  anche il Crocifisso, invochiamo  i santi delle epidemie,   e recitiamo il Rosario. Così, il Pontefice Papa Bergoglio è uscito a sorpresa dal Vaticano, accompagnato solo dalla sua scorta, per andare ad inginocchiarsi di fronte al Crocifisso miracoloso che si trova nella chiesa di San Marcello al Corso, nel centro di Roma. Questo Crocifisso, una scultura lignea del XV secolo ed esposto nella quarta cappella a destra, è stato oggetto di profonda venerazione da parte dei fedeli fin dal 1519, quando miracolosamente rimase illeso da un devastante incendio. All’immagine sacra, portata processionalmente per tutti i rioni di Roma, venne attribuita la cessazione della peste nel 1522. Infatti, l’allora Cardinale titolare di San Marcello, Raimondo Vich, spagnolo, per implorare la divina clemenza, promosse in quell’anno una solenne processione penitenziale alla quale parteciparono clero, religiosi, nobili, cavalieri, uomini, donne, anziani e bambini che «scalzi et coverti di cenere a una et alta voce, interrotta solo da singulti e sospiri, di chi li accompagnava, gridavano “misericordia SS. Crocifisso”». Durante quella processione, durata 16 giorni, il Santissimo Crocifisso fu collocato sopra una macchina portato a spalla per i diversi rioni di Roma e giunse fino alla Basilica di San Pietro. I cronisti dell’epoca concordano nell’affermare che dove passava la processione la peste si dileguava. A seguito di questo secondo miracoloso avvenimento, il Cardinale Vich e molti nobili romani decisero di fondare una Compagnia intitolata al Santissimo Crocifisso, che venne poi eretta canonicamente in Confraternita e i suoi statuti approvati da Papa Clemente VII il 28 maggio 1526. Durante gli Anni Santi, la miracolosa effigie viene portata processionalmente alla Basilica Vaticana e qui esposta alla venerazione di tutti i fedeli. E’ da sperare che quel Cristo oggi soccorra l’umanità ferita, tremendamente sola, tremendamente offesa.

Carlo Franza

 

 

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