sabato 5 dicembre 2020

Carminati..Cassazione conferma confisca beni

La Cassazione conferma la confisca dei beni di Carminati e Buzzi. Valore: 30 milioni di euro

i giudici hanno reso definitiva la richiesta di sequestro dei pm romani nell'ambito La Corte di Cassazione ha confermato la confisca dei beni per Massimo Carminati, capo del suo clan romano e a Salvatore Buzzi, imprenditore delle coop sociali Roma. Si tratta di un patrimonio del valore complessivo di 30 milioni di euro che era stato sequestrato su richiesta dei pm romani Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini e riguarda fra le altre cose opere d'arte, quadri di pregio, terreni e fabbricati. Il provvedimento di confisca ha riguardato anche gli altri affiliati al clan Carminati, come Riccardo Brugia.


Tutto ciò è legato all’inchiesta “mondo di mezzo” a cui lo scorso ottobre gli ermellini hanno tolto l'aggravante mafiosa per i 18 imputati che l'avevano sui 32 che avevano fatto ricorso al Palazzaccio, ma oggi come allora non ci sono ragioni per rallegrarsi. Il quadro di quanto accadeva nell'assegnazione degli appalti dei servizi del welfare capitolino è devastante. Tutto, dalla gestione dei campi nomadi, ai migranti, alla manutenzione del verde, era improntato a un "mercimonio" di pubblici funzionari, imprenditori e politici della Capitale. Una folla di collusi che diceva sì al “sistema” messo in piedi dal ras delle cooperative Salvatore Buzzi, e dall'ex nar Massimo Carminati.

Ci sono volute 379 pagine agli 'ermellini' per 'declassare' l'indagine della procura di Roma dell'era di Giuseppe Pignatone, da inchiesta per mafia a due “semplici” associazione per delinquere. Gregari e comprimari di una Roma in piena decadenza morale e gestionale, non usavano armi e nemmeno l'intimidazione, dice la Cassazione cancellando l'ombra mafiosa. Ma solo il volto ed il nome di Carminati, che di fatto a qualcuno ha fatto paura e si è piegato ai loro voleri. Un metodo ben conosciuto nel meridione, ma difficile da far comprendere ai giudici di merito.

Adesso le misure di prevenzione sulla confisca sono state confermate, accogliendo di fatto ciò che nel 2018 aveva scritto il tribunale presieduto da Guglielmo Muntoni e cioè che siamo in presenza di soggetti «pericolosi socialmente e la loro pericolosità, ritenuta di rilevante spessore, ancora oggi ha i caratteri dell'attualità». In primo grado, quando l’aggravante di mafia non è stata riconosciuta dal tribunale di Roma, Carminati e Buzzi sono stati condannati rispettivamente a 20 e a 19 anni, pene che non dovrebbero far sorridere gli imputati.
Adesso la loro condanna deve essere rivalutata dalla Corte d'Appello di Roma chiamata a  rideterminare, dopo la sentenza di Cassazione, le pene per 20 imputati coinvolti nel processo Mondo di Mezzo. Lo scorso settembre i giudici della prima sezione hanno aggiornato il procedimento al 3 novembre. Buzzi e Carminati sono nel frattempo stati scarcerati lo scorso giugno per decorrenza dei termini.

Al momento sono diverse le proposte di concordato giunte al procuratore generale. In apertura dell'udienza l'avvocato Alessandro Diddi, difensore di Salvatore Buzzi. Oggi Diddi è allo stesso tempo anche il promotore di giustizia del Vaticano, uno dei titolari dell’inchiesta sul cardinale Becciu che ha ordinato anche l’arresto di Cecilia Marogna, la consulente e manager cagliaritana coinvolta nello scandalo vaticano che è costato le dimissioni all’ex numero 2 della Segreteria di Stato, il cardinale Angelo Becciu. Il difensore di Buzzi durante l'udienza in appello per il mondo di mezzo ha reso noto di aver ricevuto un esposto da parte del collegio del primo processo d'Appello per le parole utilizzate durante l'arringa. Per Diddi si tratta di «Un esposto che arriva a due anni di distanza da quell'arringa e che mi è stato notificato a un mese di distanza dal processo d'Appello bis. Una tempistica che lascia senza parole. E ho chiesto al Consiglio di disciplina dell'ordine che la mia pratica venga trattata il primo possibile, voglio essere giudicato il prima possibile».