lunedì 28 dicembre 2015

Ancora nel 2015.....

 2015 il Brasile commemora il 25esimo anniversario dello Statuto del bambino e dell’adolescente: per mesi campagne e dibattiti hanno ribadito i diritti dei giovanissimi a essere protetti dagli abusi. Quest’anno cade anche il quinto anniversario delle linee guida federali contro la brutalità della polizia, che proibiscono esplicitamente la «violenza arbitraria» ai danni dei minori. Ma negli stessi primi nove mesi del 2015, che ha la sorte di precedere la kermesse delle Olimpiadi di Rio de Janeiro, nella capitale brasiliana sono “spariti” almeno 371 ragazzini di strada tra i 4 e i 15 anni. Tutti, denunciano le Nazioni Unite e la Conferenza episcopale brasiliana, sarebbero stati uccisi dalla polizia nel corso di una macabra operazione di “pulizia” delle strade di Rio. 


Sono solo i casi confermati. L’Onu ne sospetta almeno duemila, il Consiglio federale di medicina brasiliano 250mila in tutto il Paese negli ultimi anni. Padre Renato Chiera, fondatore della "Casa do Menor", parla di «400 alla settimana», eliminati nel corso del «genocidio sociale» in atto. Bambini svaniti, raramente cercati, mai ritrovati. 
Non è una novità, sottolineano gli operatori sociali. Non per cinismo, ma per ricordare ai giornalisti e alle organizzazioni per la protezione dell’infanzia che i meninos da rua delle favelas non finiscono nel mirino delle forze dell’ordine solo quando i grandi eventi portano il Brasile sotto i riflettori. 


Però alla vigilia delle Olimpiadi del 2016, come dei Mondiali del 2014, certamente muoiono di più. Il Comitato Onu sui Diritti dell’infanzia riferisce di un «più elevato numero di esecuzioni sommarie di bambini» negli ultimi mesi, accompagnate dall’impunità della polizia brasiliana, «direttamente coinvolta» negli assassini. Amnesty International ha contato le esecuzioni extragiudiziali liquidate con la formula della «resistenza all’arresto» e ha rivelato che sono il 16% degli omicidi avvenuti a Rio de Janeiro negli ultimi cinque anni. In molti casi le ferite provano che la vittima stava scappando quando è stata raggiunta da un proiettile, o era in ginocchio. 


Ma se l’opinione pubblica internazionale s’indigna, la gente in Brasile, per lo più, tace, anzi, “applaude”, fa notare ancora padre Chiera. Perché ha paura. E di fronte alla conta annuale di circa 60mila omicidi riceve dallo Stato solo la promessa di una “tolleranza zero” che, spiega il rapporto Onu, produce altra morte. «L’aumento del numero di adolescenti vittime della polizia è una sfida – vi si legge –. Le vittime sono soprattutto ragazzi poveri dalla pelle nera che vivono alla periferia delle aree metropolitane delle grandi città. La loro probabilità di essere uccisi dalla polizia è quattro volte maggiore quella di un adolescente bianco». L’organismo propone al governo brasiliano la soluzione radicale di eliminare il reato di autos de resistência, la «resistenza all’arresto» come «grande passo verso la protezione dei diritti dei bambini». 


Non ci sono per ora indicazioni che le autorità locali o federali abbiano preso in considerazione il consiglio. Al contrario, lo sforzo attuale sembra piuttosto di rendere anche la povertà un reato. A settembre, le famose spiagge di Ipanema e Copacabana sono state proibite ai ragazzini delle favelas. Basta non avere le scarpe addosso o essere vestiti in malo modo per essere bloccati da un cordone di agenti, spesso arrestati. E la stessa logica sta spingendo il Parlamento brasiliano ad abbassare a 16 anni l’età per la quale si può essere processati come adulti, nonostante la misura sia stata severamente criticata dall’Onu e dalla Chiesa.

Rio 23-7-1993 Meninos de rua⚫️⚫️⚫️⚫️⚫️⚫️⚫️⚫️

E’ il 23 luglio 1993 e alcuni fatti di estrema violenza segnano la storia di Rio de Janeiro: 8 bambini di strada che dormono sotto i portici intorno alla chiesa della Candelaria vengono uccisi da una squadra della Polizia Militare.
Il 27 luglio 2012, diciannove anni dopo, con Barbara Olivi e Il Sorriso dei miei Bimbipartecipiamo alla terza giornata (23 -25 luglio le precedenti) della “Caminhada em defesa da vida”, corteo in difesa della vita, in memoria della Strage della Candelaria.
Parlando della realtà dei giovani delle favelas è impossibile evitare il discorso dei meninos de rua, i bambini di strada brasiliani che si ritrovano a sniffare colla e a commettere piccoli reati per sopravvivere. Come se non bastasse, anche in questo caso ci ritroviamo a parlare di violenti interventi dei membri della Polizia Militare, gruppi di persone armate che vengono chiamati anche squadroni della morte, proprio per sottolinearne la violenza. Tra il 1985 e il 1995 sono moltissimi i casi di violenza sui bambini di strada, soprattutto nelle grandi città come Rio de Janeiro, San Paolo, Recife e Salvador.
In un articolo del Corriere della Sera del 1996 un uomo racconta della strage della Candelaria. Lui era uno dei poliziotti spediti lì per il massacro. “I killer spesso sono poliziotti assoldati dai negozianti, come spietati giustizieri, per “ripulire” i quartieri dai piccoli senzacasa che sopravvivono nella miseria più totale rubando, facendo l’ elemosina e sniffando colla per lenire i crampi della fame” è quanto si legge nell’articolo del Corriere.
Se si vuole approfondire, un buon film che racconta la storia di uno dei ragazzi sopravvissuti alla strage della Candelaria è Ultima Fermata 174, basato su fatti realmente accaduti a Rio nel 2000, quando il ragazzo, ormai sfinito da una vita di violenza e senza più speranza di uscirne, sequestra l’autobus 174 (oggi cambiato in 158) per quasi 5 ore.
Il film si chiude con una frase emblematica: “Quem não tem nada a perder, não sabe quando parar”, chi non ha niente da perdere, non sa quando smettere.

Nella nostra esperienza in favela abbiamo cercato di ascoltare tante storie, molte delle quali sono arrivate come piccoli sfoghi spontanei. Si stava parlando di viaggi per il Brasile, degli autobus, del turismo, quando questo ragazzino, quindicenne, ci racconta della sua esperienza di viaggio a San Paolo. Aveva 7 anni ed è scappato di casa perché la mamma sbatteva lui e la sorella in strada, si è infilato nel bagagliaio di un autobus e si è fatto tutto il viaggio lì. Un viaggio di circa 450 km, più o meno come Milano-Perugia, incastrato di nascosto tra i bagagli. Ci racconta che lui è scappato di casa tante volte e che tante volte è stato anche catturato e portato in carcere e non per forza per aver commesso piccoli reati, ma anche solo per essersi trovato per strada insieme ad altri bambini, dove faceva il giocoliere ai semafori per raccogliere qualche moneta.
Il nostro portoghese non è perfetto, e mentre racconta gesticola molto per farci capire meglio. “Una delle celle era grande così”, e con il dito disegna una linea immaginaria che va poco oltre lo spazio che occupa il suo corpo, “e c’era una donna che quando piangevamo ci bruciava le mani con un ferro incandescente” e ci mostra i segni.
In Italia non siamo abituati a vedere così tanti bambini di strada, e forse te ne rendi conto quando sei in Brasile. La strada per loro è una scelta forzata, il male minore rispetto a restare in una casa dove ci sono condizioni di povertà estrema o episodi di violenza continui.
Anche se in realtà solo una piccola parte dei bambini di strada finisce per commettere reati, questi ragazzini sono comunque considerati un pericolo per la popolazione e in Brasile c’è stata una vera e propria politica di repressione e di pulizia che ha portato alla nascita di gruppi di sterminio, che sono il risultato dell’assenza di politiche in difesa dei bambini di strada da parte dello Stato e dell’indifferenza da parte della società civile.

Oggi alcuni di quei bambini che hanno avuto esperienza di vita di strada fanno parte del Progetto Giovani e qua hanno la possibilità di riscattarsi e raccontarsi, ed è quello che dicono loro stessi. Come in questo rap scritto dai ragazzi sul quale è stato montato un video durante le ore di Audiovisual.

Queste alcune frasi significative estratte dal testo del rap:

Alô, governo, abra os olhos pra Rocinha: nosso povo guerreiro é alvo de desrespeito, o abandono das famílias sem o pão de cada dia à mercê da violência na maior hipocrisia!”
Ehilá governo, apri gli occhi su Rocinha: il nostro popolo guerriero è oggetto di mancanza di rispetto; abbandonare le famiglie, lasciarle senza pane tutti i giorni e in balia della violenza é la piú grande ipocrisia!

“Estava triste e magoado com muitas situações, mas encontrei minha alegria no Projeto Jovem da Rocinha aprendi a respeitar aprendi a me amar vou cantando esse rap e ninguém vai me parar.”
Ero triste e sofferente per molte situazioni, ma incontrai l’allegria nel Progetto Giovani della Rocinha, imparai a rispettare, imparai ad amare me stesso, canterò questo rap e nessuno mi fermerà.

Dalla favela ad oggi, sono passata per un viaggio di 2300 km per visitare parte della costa Nord-Est del Brasile. Il viaggio si è diviso in tre tappe, percorse tra aerei e autobus: Olinda, Salvador, Arraial D’Ajuda. Tre realtà molto diverse tra loro e a loro volta diverse dalla favela.
A Salvador percepisci un reale senso di abbandono, e anche qua il problema dei meninos de rua, sembra essere molto attuale. Sono tanti i bambini che ti fermano e ti chiedono dei soldi. Un pomeriggio uno di loro ci avvicina e ci chiede di accompagnarlo in un negozio e di comprargli del latte in polvere che avrebbe dato al suo fratellino. Con una buona dose di ingenuità, che ci fa pensare che comprargli del cibo sia meglio che dargli dei soldi che verrebbero poi mal spesi, compriamo un ottimo prodotto per neonati e glielo diamo. Scopriremo in seguito che i bambini rivendono questi prodotti per avere del cash utilizzabile.
E così ti rendi conto di come certi meccanismi siano difficili, quasi impossibili da cambiare.
Il Brasile è un paese immenso, con tantissime realtà che si scontrano tra loro. E’ un paese da vedere e osservare, da esplorare. Ed è difficile da capire.
Ho sempre pensato che la conoscenza e la possibilità di confronto siano i modi migliori per capire. Da qui anche la decisione di esplorare altri luoghi fuori dalla favela Rocinha.
E’ così che si rientra a Milano, con delle conoscenze in più, una ricchezza e una possibilità di condivisione e confronto che ti portano inevitabilmente ad osservare in modo diverso la tua realtà. Come se ogni viaggio fosse un tassello in più verso la conoscenza non solo del mondo, ma anche di se stessi, con quella consapevolezza che a volte ti dà la spinta a voler migliorare la realtà a cui appartieni.
E’ così che si rientra a Milano.


I 'meninos de rua', l'altra faccia del Brasile che non si può raccontare


meninos de rua-R.C.- I ‘meninos de ruai bambini di strada in Brasile sono oltre sette milioni, ma ve ne sono almeno altri potenziali 30 milioni, i minori che vivono in famiglie con un reddito mensile inferiore ai 7° dollari.

Un’esistenza fatta di violenza impunita, ogni giorno quattro bambini vengono assassinati e i loro carnefici non sono neppure perseguiti in un Paese  dove vige la più assoluta mancanza di regole.

Bambini nel mirino dei poliziotti, dei gruppi di sterminio finanziati da commercianti e imprenditori con mire espansionistiche all’interno delle favelas, dei giustizieri che hanno il controllo del traffico di droga e dello sfruttamento della prostituzione minorile.

Bambini e bambine schiavizzati e reclusi in postriboli, oppure costretti a lavorare in condizioni disumane nelle miniere d’oro.

Una realtà paragonabile alla punta di un iceberg: i bambini di strada sotterranei sono molto più numerosi di quelli che si vedono, ma non infastidiscono una società civile colpevolmente indifferente.

Nel Nord Est del Brasile, la zona più povera del paese sudamericano, è assolutamente regola che bimbe di nove, dieci anni, siano prelevate dalle famiglie con la promessa di un lavoro come cameriera, per ritrovarsi poi in qualche sordido lupanare ad alimentare il mercato della prostituzione minorile, prede di orchi senza scrupoli in arrivo dall’Europa, dagli Usa o dal Giappone.

Rio, guida la tragica classifica dei massacri, con 350 omicidi in sei mesi, poi San Paolo, Fortaleza, Brasilia. Ragazzini accoltellati o freddati a revolverate per le strade che cominciano ad essere invase dai turisti che assisteranno, ignari oppure no,  ai mondiali di calcio.

Il Brasile sta volando in termini di aumento del Pil e benessere economico, inversamente proporzionale la condizione sociale del ceto medio basso dei suoi abitanti.

Fino a pochi anni fa gli abitanti delle favelas metropolitane erano il 30% della popolazione totale del Brasile, oggi raggiungono il 70%. Ghetti dove vivono decine di migliaia di persone ai limiti della sopravvivenza, con la disoccupazione al 50% e l’analfabetismo al 90, inurbamento dove il crimine è pane quotidiano.

E i meninos de rua vivono in strada, per sopravvivere, per lavorare, dove lavorare non significa altro che furto, spaccio, prostituzione, rapine. Piccoli delinquenti senza possibilità di scelta e che, ammesso che ci arrivino, diverranno adulti criminali. Per questo, la società civile li teme, li combatte, li sopprime: null’altro che un problema da risolvere, non importa come,  ci pensano gli squadroni della morte.

Lo scenario è infernale, una ragazzina di quindici anni violentata brutalmente da un poliziotto che l’aveva arrestata, un’altra dilaniata dai cani aizzati  dalla polizia all’interno di una chiesa, dove la piccola aveva cercato riparo dopo aver rubato un orologio. Un’altra ancora che mostra i seni devastati dall’Aids per sfuggire allo stupro.

Ragazzini che vivono tutti insieme, nel terrore di essere massacrati dalla temutissima Rota, i reparti speciali della polizia brasiliana, che ogni anno fa strage dei minori senza diritti.

Meninos de rua che sniffano colla o smalto per sfuggire all’orrore della realtà che sono costretti a vivere, ragazzine che non si accorgono neppure di essere violentate, prima le addormentano con il gas, meno grane.

Bambine di poco più di dieci anni costrette a masturbare poliziotti quarantenni, quindicenni incinte al settimo mese che perdono il figlio dopo essere state prese a stivalate nella pancia mentre dormono sul marciapiede sotto un cartone, colpi di frusta distribuiti alla cieca sui corpi addormentati.

E le bambine che rimangono incinte rifuggono l’aborto, nessun menino de rua ha mai abortito spontaneamente, è una regola non scritta, un codice di comportamento: un figlio significa rompere la solitudine e la mancanza di affetto.

E’ l’affetto la costante tra tanta violenza, la voglia di tenerezza, perché comunque rimangono bambini, come raccontano i volontari che tentano di occuparsi di loro “Dovreste vedere i loro occhi quando ascoltano per l'ennesima volta la loro fiaba preferita: il brutto anatroccolo. In fondo è così che si sentono: ma sperano ancora di poter diventare uno splendido cigno".  “


Il degrado avanza nelle periferie urbane


Il degrado avanza nelle periferie urbane

Quando, ormai qualche mese fa, le periferie parigine andavano in fiamme, con gli scontri tra le bande giovanili e le estese proteste delle fasce piu' disagiate della popolazione, molti politici italiani si affannavano a precisare che in Italia certe cose non sarebbero mai potute accadere. Alcuni ne approfittavano per celebrare il fallimento delle "società multietniche". Romano Prodi ebbe a dire che le periferie italiane non stavano meglio, e Forza Italia gli addito' l'ennesima etichetta, quella di "incendiario". Eppure, almeno in quell'occasione, Prodi aveva ragione.

Negli ultimi giorni si sono sommate tutta una serie di notizie che danno un'idea dello stato di salute delle nostre periferie.

L'ultima da Napoli, dove un turista americano, derubato della fotocamera, ha provato a recuperarla inseguendo i due ladri in vico dei Maiorani, nel cuore della vecchia Napoli.  Ne ha raggiunto uno, ma il suo tentativo di recuperare il maltolto è stato vanificato dalla discesa in strada di decine di residenti, accorsi in difesa dei due scippatori, pronti addirittura a malmenare il giovane turista.Questo tanto per dare un'idea del senso di legalità di alcune zone delle nostre città.

Ma i luoghi del degrado sono molto piu' numerosi: dai carruggi genovesi a San Salvario a Torino, per non parlare di Milano con via Padova, via Adda, fino alla stessa Piazza Duomo che di notte si trasforma in un centro del malaffare. La zona della stazione centrale, laddove ogni anno approdano milioni di visitatori, è il peggior biglietto da visita possibile per la metropoli milanese.

A Bari, il quartiere San Paolo è talmente insicuro che le stesse forze dell'ordine vi si muovono con estrema prudenza. Incredibilmente, li' è stato scelto di installare un CPT, tanto per ulteriormente peggiorare la situazione.

Per non parlare del Librino di Catania, o dei quartieri spagnoli e di Scampia a Napoli. E tornando al Nord, le zone delle stazioni di Brescia e Vicenza, o l'incredibile situazione del Quartiere delle Rose a Pieve Emanuele, a due passi da Milano 3.

Un degrado che si vede e si respira: basta andarci in certi posti, preferibilmente a piedi, per gustarne appieno gli odori, osservarne le brutture e vivere quella sensazione di insicurezza cui sono confrontati quotidianamente i loro abitanti.

La politica salottiera pare inerte. Al piu' si predispone qualche ristrutturazione parziale, qualche supermercato, qualche poliziotto in piu', ma i problemi restano e si aggravano.

Ormai sembra che il cittadino si stia abituando a convivere col degrado, ad accettarlo, ad adornare gli interni del proprio nido, senza troppo preoccuparsi del disastro che lo circonda.

Uma história do comando vermelho Rj ©🔴

Marcinho Santos Nepomuceno. Conhecido pelos apelidos de Marcinho ou Marcinho PV. Atualmente ocupa o posto maior na facção do Comando Vermelho, e já foi peça chave no andamento da facção durante décadas.

Conhecido apenas como Pivete. Marcinho segundo registros, foi nascido e criado em São João de Meriti, na comunidade da Vila Norma.

Pobre como a maioria dos moradores na época, os crimes do Marcinho começou desde cedo na Vila Norma, onde praticava pequenos furtos e se drogava, mesmo com pouca idade.

Segundo registros, ele teve pouco acesso a escola, sendo seduzido pela vida criminosa desde menor.


Sem muitos detalhes, no inicio dos anos 90 o Marcinho começou a integrar o grupo de bandidos do Complexo do Alemão (CV) um reduto perigoso do Comando Vermelho.

Ele fazia parte do grupo do chefão do Alemão na época, o traficante Orlando Jogador. Homem de confiança do Rogério Legrumber, o Bagulhão, que praticamente sacramentou o CV na totalidade do Complexo do Alemão e Penha.

Como é comum na vida do crime, a ascensão do Orlando Jogador foi derrubando os possíveis concorrentes na hierarquia.

Antes de ocupar o cargo maior no Alemão, ele era comandado pelo traficante conhecido como China. 

Com ajuda do parceiro Chico Bala, derrubou o China do cargo de chefe e assumiu esse posto.

Junto com seu comparsa Chico Bala, foi tomando e colocando as bocas de fumo nas diversas comunidades do Complexo do Alemão.

Nesse meio tempo, vinha o Marcinho, que era integrante do grupo do Orlando na região norte do Complexo do Alemão.

Anos depois, quando o traficante Uê armou uma emboscada para o Orlando Jogador, matando ele e mais 14 aliados, e assumindo a parte sul do Complexo do Alemão, o Marcinho começou a dar as caras na facção.

Orlando JOgador.
Essa é uma história com muitas versões, e com muitos entendimentos.

A rixa entre Orlando x Uê já vinha á tempos.

O Orlando que colocou o jovem Uê na vida criminosa, dando a gerencia do Morro do Adeus, onde o Uê era criado, e seu pai era um bandido influente na comunidade.

Como o Orlando era um grande amigo do pai do Uê, entregou-lhe o comando do Adeus.

Mal ele sabia que futuramente seria um erro.

Uê cresceu rapidamente no tráfico, fortificando o Morro do Adeus, ganhando a confiança de muitos líderes do Comando Vermelho e se aventurando na distribuição de Cocaína.

Obvio que sua ascensão virou um alvo para os traficantes do Complexo do Alemão, mesmo integrando a própria facção, não gostavam do Uê.

Uê.
Em 1994 aconteceu a morte que todos já conhecem.

Uê sabia que o Orlando tramaria sua morte para reassumir o Morro do Adeus, e tratou de se adiantar.

Convocou aliados da facção Terceiro Comando (TC) e armou uma emboscada para o Jogador dentro da Favela da Grota, no Complexo do Alemão.

Ficou no comando da Grota e de parte da Nova Brasília.

Depois do ocorrido, a cúpula do Comando Vermelho, uma ala mais velha de antigos e conselheiros, se reuniram para dar a sentença ao Uê.

Numa reunião calorosa, absolveram o Uê pela morte do Orlando Jogador, afirmando que foi legitima defesa. Tendo em vista que o Uê provaria que o Orlando também estava tramando contra ele.

Essa reunião revoltou a “ala mais jovem” do Comando Vermelho, que era encabeçada principalmente pelos traficantes Marcinho PV, Fernandinho Beira-Mar e Elias Maluco.


Eles queriam a expulsão do Uê, e também que ele devolvesse as duas comunidades que ele dominou no Complexo do Alemão.

No Intimo, a “ala mais velha” também não aceitaram a forma que o Orlando Jogador subiu na hierarquia do Complexo do Alemão, e nem dos constantes investimentos no Complexo, como no aumento de fuzis Americanos e Bailes Funks.

A ala mais velha se tratava de bandidos da antiga Falange, que no passado, foram doutrinados com a ideologia “comunista”, na convivência com presos políticos na época da ditadura Militar.

Eles não estariam preparados para um novo Comando Vermelho, com a ideologia de enfrentamento a todo custo.

No estopim dessa crise dentro da facção, o Marcinho reuniu os traficantes da sua confiança, e sozinho e sem autorização, retomou a Grota e a Nova Brasília, em seguida, expulsou o grupo todo do Uê.

Decretou Guerra ao Morro do Adeus, e deixou claro dentro da “cúpula”, que não iria aceitar um traficante que traiu a facção, matando um companheiro.

Virou o número um do Complexo do Alemão com apenas 17 anos.


Para surpresa da “ala mais velha”, todos os chefes que estavam em liberdades, e os Assaltantes e traficantes mais novos, concordaram com o Marcinho e gostaram da ideia de combater o Uê e seus comparsas.

Pra rachar o grupo, eles criaram um novo Comando Vermelho, que veio à ser o CVJ (Comando Vermelho Jovem) uma ala dissidente do velho CV.

A união não demorou muito acontecer, pois os lucros do Complexo do Alemão não estavam sendo repassados para “ala mais velha” da cadeia, e o CVJ começou sustentar uma “caixinha” própria, entre os bandidos que fechavam com o Marcinho.

Obvio que o grupo mais velho não queria ficar sem dinheiro, e aceitou na marra uma ideologia nova na facção.

E o pior, notaram que foi um erro absolver o Uê, pois ele tratou logo de se unir com o Terceiro Comando, e futuramente iria ser um dos criadores da facção ADA.


Depois dessa crise dentro do Comando Vermelho, uma ala mais nova foi ganhando o posto mair no conselho dentro da facção. Um conselho que era formado dentro dos presídios.

Para fortificar a ideologia de enfrentamento do Marcinho e Elias Maluco, de dentro dos presídios, eles ganharam o apoio do traficante Isaías do Borel, homem muito respeitado dentro da facção.

Outros traficantes foram se aliando a nova ideologia, assim como o My Thor e Porca Russa, homens que tinham a confiança do Isaías do Borel.

Isaias do Borel.
Foi a queda da ala mais velha, que não tinha mais apoio dentro do CV.

Prisão do Marcinho PV no Complexo


Com ascensão do grupo do Marcinho no Rio de Janeiro, as guerras no Alemão aumentaram, pois na mesma década, tiveram que expulsar o TC de comunidades do Complexo da Penha.

Além de combaterem o grupo do Uê no Morro do Adeus.

Quase toda semana o grupo do Marcinho subia até o Morro do Adeus, mas rapidamente saíam, pois o Uê deixava muitos fuzis na subida do Adeus. Pegando os inimigos de cima pra baixo.

Morro do Adeus.
Naquele momento a Policia já estava na cola do Marcinho PV.

Ele estava comprando muitos fuzis para o Complexo do Alemão, aumentou as bocas de fumo, promovia bailes funks, e estendia a violência do Alemão para as ruas do Rio de Janeiro.

O estopim foi a morte de dois comparsas na Favela da Grota.

Além de ordenar a morte dos comparsas. Ordenou que esquartejassem os dois, e separassem os membros em vários cantos da Grota. Crime extremamente hediondo.

Marcinho PV.
Foi ai que em 1996 a caçada chegou ao fim, e a Policia conseguiu botar as mãos no Marcinho PV, que tentou se passar como morador, mas não deu certo.

Dai por diante, a história do Marcinho se baseia com decisões das penitenciárias do Brasil.

Administração do Marcinho PV dentro das cadeias


Ele ficou por anos no Complexo Penitenciário de Gericinó em Bangu, na zona oeste do Rio de Janeiro.

Controlava o tráfico bem de perto, colocando o seu comparsa Elias Maluco como número 1 no Complexo do Alemão e Penha. Tudo que acontecia por lá, o Marcinho deveria ficar sabendo.

Em meado de 1997, as penitenciárias de Bangu começaram a se tornar um barril de pólvora, que estava prestes a explodir.

As autoridades conseguiram colocar as mãos no traficante Ue, que na época, já era tido como o traficante mais procurado do Rio de Janeiro, e o principal fornecedor de drogas de países vizinhos ao Brasil.

Foi nessa época que começaram a dividir as alas dentro do Bangu, de acordo com cada facção criminosa.

Fernandinho Beira-Mar.
Nesse meio tempo, o Fernandinho Beira-Mar, comparsa do Marcinho, começou a se tornar o distribuidor de drogas e armas mais influente do Rio de Janeiro.

Isso era mais lucros para o Comando Vermelho. Como eram amigos, o Fernandinho dava prioridade para as comunidades que pertencia ao Comando Vermelho.

O centro de distribuição do Fernandinho rivalizava com a do Uê, e era um problema, principalmente para o CV.

Com o Uê encarcerado, os problemas estariam parcialmente resolvidos, pois nas ruas, estavam os comparsas do Uê para dar continuidade na ação criminosa.

Em meados do ano 2000 o Marcinho tentou sua primeira fuga da penitenciária.


Foi acusado de participar da construção de um túnel subterrâneo de 90 metrôs, para abrir uma fuga em massa nas alas de Bangu I e III.

A policia descobriu rápido, e esfriou os anônimos do CV.

Conforme o tempo veio passando os presídios de Bangu se inflaram de traficantes importantes das 3 facções do Rio de Janeiro. O Marcinho foi ganhando mais companheiros na convivência, e isso se tornaria um perigo futuramente.

Até que encarceram os principais cabeças do ADA na época, bem como os traficantes Celsinho da Vila Vintém, Café do Andaraí, Orelha, Robertinho do Adeus entre outros.

Celsinho da Vintém.
Virou um perigo para o Comando Vermelho, ter os principais rivais bem ao lado.

Foi ai que começaram as negociações, e o famoso “quem paga mais, por quem”.

Em meados de 2001 as autoridades Colombianas conseguiram capturar o maior traficante do Brasil naquele momento, o bandido Fernandinho Beira-Mar.

Procurado nos quatro cantos do Brasil, procurado na Colômbia por ser aliado da FARC, e na mira de oficiais Americanos.

No entendimento de ambos, o Fernandinho estava distribuindo Cocaína e Armas para os principais países da América do Sul, e para parte dos Estados Unidos.

Era influente na distribuição da Maconha na divisa com Paraguai, onde assumiu o posto executando os distribuidores da família Morel.


As autoridades chegaram a pedir ajuda do FBI e da CIA para capturar o Beira-Mar, e colocaram o valor de R$ 100 mil reais de recompensa.

Até que o exército Colombiano capturou o traficante. Ele estava com bandidos da FARC na mata, e foi fácil identifica-lo. Estudos apontam que foi um acordo do Grupo Revolucionário e o Governo Colombiano, para entregar o Fernandinho em troca de regalias no país.

Tudo teve um fim, só que tiveram a brilhante ideia de colocar um traficante internacional e importante na América do Sul, junto com os companheiros nas celas de Bangu, no Rio de Janeiro.

Daí o Barril de pólvora estourou mesmo!

Todos unidos por um só ideal, que era derrubar o grupo do Uê em Bangu.


Em Setembro de 2002, Fernandinho e Beira-Mar arquitetaram uma maneira de exterminar os rivais, mesmo dentro dos presídios de Bangu.

Negociaram uma rebelião com carcereiros corruptos, e o grupo do Marcinho ofereceu uma quantia de 400 mil reais pelo serviço.

A ideia era que a Rebelião fosse algo rápido. Queriam apenas entrar na cela do ADA, executar os comparsas do Uê e quebrar o braço financeiro da facção rival.

Num episódio que todos já conhecem. Um carcereiro abriu as celas e deu uma pistola e uma escopeta calibre 12 para o grupo do Marcinho, e a rebelião estourou.

Invadiram a cela em que estavam o Uê e seus cunhados, e fizeram o serviço ali mesmo.

Queriam vingar a morte do companheiro Orlando Jogador, mas outros traficante do CV queriam colocar a limpo brigas antigas, bem como a morte de um familiar do Claudinho da Mineira, onde o Uê ordenou a execução.

Segundo relatos da época, o Uê foi espancado por todos os integrantes do CV. Aplicaram vários tiros de pistolas e jogaram fogo no corpo, embrulhado nos colchões.

Orelha, Wanderley e Robô foram mortos a tiros de forma rápido. O alvo principal da rebelião era o Uê, e assim fizeram.

Uma curiosidade da época.

Na mesma cela estava o importante Celsinho da Vila Vintém, que era um ex-comando vermelho também.


Mas estranhamente ele saiu ileso da rebelião.

Segundo relatos, o grupo do Marcinho poupou a vida o Celsinho. Disseram que apenas desejavam fazer uma cobrança, e que não tinham problemas nenhum com o chefão da Vila Vintém.

O Celsinho conseguiu sair de forma amigável do Comando Vermelho. Não criou briga pessoal com nenhum bandido da sua antiga facção.

Já calorosos simpatizantes da facção ADA, apontam que um dos mentores da rebelião foi o Celsinho.

Ele teria informado para o grupo do Marcinho que o traficante Uê não estava disposto a participar do leilão para que acontecesse a Rebelião.


Dias depois os bandidos do ADA realizaram uma reunião nas ruas, e consideraram que o Celsinho não teve influência na morte do Uê.

A rebelião que causou a morte de vários traficantes, deixou em descrédito a segurança pública do Rio de Janeiro, que tomaram uma medida para responder a sociedade.


Trataram de transferir todos os traficantes do Grupo do Marcinho PV, e colocando em presídios Federais espalhados pelo Brasil.

Na ocasião, o Marcinho foi deslocado para o presídio de Catanduvas no Paraná.


O crescimento do império no Comando Vermelho


Com o Marcinho PV longe e incomunicável. Com seu companheiro Elias Maluco preso pela morte do Jornalista Tim Lopes no Complexo do Alemão, o seu império tomaria outros rumos.

Até que na década de 2000, o Quartel General no Complexo do Alemão e Penha foi criado.

Marcinho administrava o Complexo do Alemão, e o Elias Maluco administrava o Complexo da Penha. Dois importantes redutos para o Comando Vermelho.

No Complexo do Alemão o tráfico seguiu com vários gerentes-gerais comandando diversos pontos, e com pouca expressão na mídia.

O traficante mais conhecido e que sacramentou um novo Complexo do Alemão, foi o traficante conhecido como Tota.

Tota.
Tota foi escolhido à dedo pelo Marcinho para liderar seu império. Ele não era nascido e criado no Complexo do Alemão, e não tinha um apoio dos traficantes de lá.

Administração do Tota era a ferro e fogo dentro do Complexo. Ou obedecia, ou morria, e assim ele fazia até com os moradores.

Ganhou uma moral grande na facção, quando tomou as bocas do Morro do Adeus em Bonsucesso. O Adeus já estava quebrado e sem líder, e o Tota ofereceu melhorias, e os bandidos que sobraram do ADA, optaram por trocar de facção.

Tomar o Morro do Adeus era questão de honra para o grupo do Marcinho, devido a rivalidade que ele teve com o traficante Uê.

Mas lá não dava grandes lucros, se compararmos outros redutos dentro do Complexo do Alemão.

Foi passando o tempo e o Tota começou a ser tornar mais cruel na liderança do Alemão. Depois que mataram seu irmão na Favela da Grota, ele praticamente pirou.


Seus soldados e comparsas começaram a notar a mudança, e iniciaram um processo de fritura do Tota para o Marcinho.

Até que começaram a informar ao Marcinho que o Tota planejava um golpe dentro do Complexo do Alemão, colocando a facção TCP dentro do complexo.

Os gerentes e soldados pediram a autorização para retirar o Tota de liderança, e finalmente o Marcinho autorizou que retirassem.

Só que a carta chegou antes nas mãos dos homens de confiança do Tota, como o traficante conhecido como Jansen. Sabiam que iria morrer, e começaram a matar primeiro.


Mas o primeiro tiro nem foi disparado com tanta gravidade, porque rapidamente o grupo liderado pelo traficante Luciano Martiniano da Silva, o Pezão, começou a caçar o Jansen e o Tota no Complexo do Alemão.

Pezão.

Conseguiram matar os dois traficantes. O Tota em especial, foi torrado no alto do Complexo do Alemão. Esse churrasco de bandidos no Alemão, entrou em pauta para a Policia e desvendaram que seria o sucesso do Tota no Complexo.

E o número 1 se tornou o traficante Pezão
.

QG do CV até a UPP


Pezão era um bandido de perfil tranquilo, que evitava mídia e era sempre fiel aos líderes da facção.

A mídia só descobriu sua existência, depois da divulgação da filmagem, onde os traficantes comemoravam a ascensão do Pezão no Complexo do Alemão.

A função do Pezão era bem simples. Arrecadar todos os lucros das bocas do Alemão, repassar para quem era de direito, e fazer todos os pagamentos para os traficantes que estavam detidos.

E isso ele fazia com perfeição, ganhando a confiança plena do Marcinho e do Elias Maluco.

Tudo corria conforme o planejado pelos bandidos. Ninguém entrava no Complexo do Alemão, e de lá, davam guarida para todas as comunidades que são CV do Rio de Janeiro.

Mas uma atitude burra que veio de dentro da cadeia, decretou o fim do QG no Alemão.


Para protestar melhorias dentro dos presídios, o Marcinho encabeçou uma ordem para que tocassem o terror na cidade do Rio de Janeiro. Tacando fogo em ônibus e matando policiais.

Bem ao estilo anos 90.

Só que a facção estava com uma mentalidade polarizada, e poucos concordavam com a administração do medo e violência. Sabiam que era inútil lutar contra o Governo dessa forma.

Tendo em vista que o CV já tinha começado a perder redutos para as Unidades Pacificadoras, ferindo os cofres do “caixinha” da facção. Onde tinha UPP, os lucros diminuíam.

Para não contrariar o chefão, os soldados do Alemão e Penha começaram a tocar o terro no Rio de Janeiro, chegando a queimar as pessoas vivas nos Ônibus.

As autoridades conseguiram interceptar essas reuniões do CV, e descobriram que as ordens partiram da cúpula do Marcinho.

Na época estava na moda ocupar as comunidades com UPP. Era uma novidade para todos. Rapidamente ganharam autorização do Governo para realizar a ocupação.

FB.
O primeiro alvo era no Complexo da Penha, pois descobriram que os ataques foram realizados pelo grupo do traficante Fabiano Atanásio, o FB, que já era peça importante da facção no Rio de Janeiro.

O FB assumiu a liderança no Complexo da Penha, aconselhado pelo traficante Elias Maluco, que já tinha entregado o seu reduto para o Marcinho, para não ganhar a culpa de tudo e conseguir algum beneficio dentro na justiça.

O missão do FB era liderar o tráfico em conjunto com o Mica, e ao mesmo tempo, expandir os territórios do CV no Rio de Janeiro.

Ele conseguiu tomar com sucesso o Morro do Juramento, Jorge Turco e Morro do Chapadão. Quando não puxava, ele ajudava os comparsas.

Mas fracassou nas invasões da Mineira, Macacos, Serrinha, Muquiço e Conjunto Quitungo.

O Marcinho ficaria inconformado com os insucessos do FB no Rio de Janeiro, porque além de ter um poder bélico e dinheiro em mãos, não conseguia concretizar as invasões rápidas, e sempre chamava a atenção da mídia.

Quando recebeu o “toque” para tocar o terror no Rio de Janeiro, de primeiro momento o FB não concordou, mas foi obrigado a fazer.

Insatisfação do Marcinho chegou ao Complexo do Alemão, que fez até o traficante Pezão perder a confiança em FB. Mesmo sendo vizinhos de muro, um não batia com o outro.


Quando começou o processo de ocupação no Complexo da Penha e Alemão, a ordem que veio dos presídios era pra não abandonar o morro, e confrontar de frente os tanques de guerra, helicópteros e as dezenas de soldados que subiram no Complexo.

Óbvio que os líderes Pezão e FB viram que não dava pra combater, e começaram o plano de retirada do Complexo.

Pezão convocou uma reunião entre os líderes no Alemão, para decidir o quê seria feito no momento, porque todos concordaram em sair do complexo, levando armas e dinheiro.

Na cabeça deles, a ocupação era só momentânea, depois aliviariam.


Mas ninguém compareceu na reunião no alto do Alemão, e todos trataram de fugir como dava. Se passando por morador, trabalhador, Pastor ou o quê dava no momento.

Segundo relatos, o FB entrou em contato com o Pezão e disse que sairia do Complexo, e iria para o Morro do Juramento, um morro vizinho.

Muitos saíram pela mata que separa o Complexo da Penha e a Favela do Juramentinho em Vicente de Carvalho.

Dizem que parte do grupo do FB fugiu pelo esgoto, parte de moto e carro pela mata, e uma parte comprou o transporte de policiais corruptos que estavam na ação.

Do grupo do Pezão, parte se passou por morador e conseguiu sair do Complexo.

Faustão e Branquinho.
Alguns se entregaram e outros foram detidos. Bem como os traficantes Branquinho e Faustão, e também o Mister M ou 50, gerente do Pezão, que preferiu se entregar e futuramente integraria a ONG Afro Reggae

Os bandidos de cargo baixo e sem expressão, ficaram no Complexo, e para sair dessa com vida, apelaram para o líder da ONG Afro Reggae

Chamara o José Junior para negociar uma rendição.


Uns se renderam, outros não. Mas a maioria foi morto em confronto com o Exército. E teve bandido que tentou fugir com armamento, ouro e dinheiro, e foi pego na saída do Complexo.

Bem como o traficante Dividro da favela da Mangueirinha em Duque de Caxias, que tentou sair dando tiros na guarnição e foi morto em confronto.

O Dividro estava com 3 fuzis, 3 pistolas e vários cordões de ouros no pescoço.

Pessoas disseram que muitos bandidos largaram os armamentos no chão e tentaram sair correndo. O Dividro pegava tudo que via no chão, para fugir pelo menos no lucro. Só que a tentativa foi falha.


Finalizando, o Complexo do Alemão e Penha foram pacificados (?) pela UPP.

Essa “Fuga desenfreada” dos chefões, irritou profundamente a cúpula do Marcinho.

Contabilizaram um prejuízo de mais de 300 milhões de reais, em drogas e armas do Complexo do Alemão e Penha.

E os traficantes Pezão e FB teriam que pagar essa conta.

Como era querido pelo Marcinho, o Pezão foi deslocado para a função de “matuto” e iniciou sua administração fora do Rio de Janeiro, no Complexo do Caramujo em Niterói.

Com o FB era dono de algumas bocas, e tinha preço em outras espalhadas no Rio de Janeiro, ele começou a quitar a divida repassando parte dos lucros para a “caixinha”.

Tudo que o FB tinha dedo, também era do grupo do Marcinho, até que as dívidas na Penha fossem quitadas.

Os anos foram passando e o Marcinho investiu alto no Complexo do Chapadão (CV) em Costa Barros.


Abrigou muitos refugiados do Comando Vermelho, e aumentou consideravelmente os lucros da facção, mas não chegava perto dos lucros exorbitantes dos Complexo da Penha e Alemão.

A Penha e Alemão mesmo pacificadas, se mantiveram vendendo os entorpecentes, mas não com os lucros de antigamente.

Muitos soldados foram abandonando o Comando Vermelho, antigos chefes optando por sair do crime, e as dívidas da facção crescendo exponencialmente.

Principalmente a divida com os parceiros da facção PCC, que revendia armas e drogas para o Comando Vermelho.

Depois da pacificação do Alemão e Penha, a facção foi capengando no Rio de Janeiro. Mesmo sendo a maior, foi perdendo a expressão para os rivais do TCP e ADA.

Dentro dos presídios os ânimos ferviam.

Muitos conselheiros se desvincularam da facção, até o próprio Isaías do Borel saiu do posto de general, passando o cargo para o Marcinho PV, em meio a votação.

Agora o presidente da facção seria o Marcinho PV, e ele seria o responsável por mediar os conflitos de todos os filiados ao Comando Vermelho.

Dai por diante começou outra era no Comando Vermelho.

Nas ruas o Marcinho queria se envolver e qualquer conflito dentro dos morros do CV, chegando a querer pegar o morro em questão para ele.

Desde 96 preso, sua mente estava estagnada, e ele não fazia ideia de como o tráfico no Rio de Janeiro tinha mudado.

Como um passe de mágica, ele começou a usar a “caixinha” para pagar os credores, para reaver antigas alianças.

Pagou caro para libertar alguns homens de confiança, de forma que eles organizassem novamente a facção dentro do Rio de Janeiro.

Marreta.
Conseguiu soltar mais de 20 traficantes do presídio de Bangu. Entre eles o traficante conhecido como Marreta. Que saiu com a missão de expandir a facção no Rio de Janeiro.

Pagou caro para soltar outros três homens de confiança, que foram os bandidos Fú da Mineira, Claudinho e Benemário.

Inicialmente o Benemário cuidaria da facção na cidade, e faria os repasses dos comparsas e pagaria os credores da facção.

Claudinho e Fú
Mas ele não conseguiu dar conta, pois os atuais chefes do CV em liberdade, não obedeciam as ordens do Benemário. Ele era antigo na facção, ficou muito tempo preso e não tinha amizade com todos.

Esse cargo foi repassado para os traficantes Fú e Claudinho da Mineira. Eles responderiam pelo Marcinho em tudo que fosse questionado.

Foram deslocados para o Complexo do Chapadão, o novo QG que foi formado. E também como forma de reaver os prejuízos que o FB causou aos cofres do Marcinho.

Benemário.
Já o Benemário foi deslocado para o Paraguai, na intenção de cuidar da distribuição da Maconha e Cocaína, pegando da fonte, para não pagar terceiros.

Mas rapidamente o Benemário foi interceptado e capturado pela Policia Paraguaia, passando o posto para o traficante Marcelo Piloto, que saiu do pacificado Mandela para dar seguimento nas atividades da facção fora do Brasil.

E a organização “ala” Marcinho foi arquitetado e realizada.


No Rio o Marreta expandia, o Fù e Claudinho cuidava, e os matutos repassavam as drogas e negociavam a compra de armas.

Se no quesito financeiro o Comando Vermelho foi se acertando com o Marcinho na presidência, ele continuava errando com a ideologia de enfrentamento.

E aplicou a politica de atacar as UPPs para recuar o Governo dos redutos do CV. Mas o efeito foi inverso e chamou mais mídia para a facção dentro do Rio.

Alguns líderes que não concordavam com isso, tiveram que andar com as próprias pernas, e não podendo usufruir dos “matutos”, fuzis e drogas da facção.

Mesmo com todos os problemas o CV foi se mantendo no Rio de Janeiro.

Já em Duque de Caxias, Niterói, São Gonçalo e interior do Rio de Janeiro, a expansão foi a todo vapor, salvando a pele financeira da facção.

O traficante Pezão conseguiu levantar o tráfico em Niterói, chegando a faturar milhões de reais por mês para o Marcinho, e aguçando o desejo dos comparsas em se mudar para fora do Rio de Janeiro.

Mas fora do Rio de Janeiro, quem organizaria o tráfico, seriam os homens da confiança do Elias Maluco, comparsa do Marcinho.

Os homens ligados ao Elias só visam lucro e poder, e pouco enfrentamento.

Deu tão certo essa tática, que começaram a fazer o inverso na distribuição de drogas e armas. Se antes saia do Rio para fora, agora, recebem Fora e distribuem no Rio de Janeiro.

Plano perfeito e lucrativo!

Mas não contaram que logo as autoridades iriam descobrir.

Para finalizar..

Hoje o Marcinho PV é tido como o principal líder dentro do Comando Vermelho, mesmo com decisões absurdas e irracionais.


Na mesma facilidade que ele ordena ataques, ele ganha mais processos criminais na sua ficha de crimes. Todos interceptados pelo governo.

Preso desde 1996, hoje o traficante soma 19 anos de encarcerarem, sem nunca ter ganho uma liberdade condicional ou semi-aberta.

É considerado pela justiça como um preso extremamente periculoso, que consegue se mover suas ações mesmo em presídios Federais, sem contato com o mundo exterior.

Não sabemos até quando durará a influência desse traficante dentro do Comando Vermelho, ou se um dia ganhará a liberdade, e sair do crime.

Mas o seu nome ficou registrado no “rol” dos criminosos históricos na cidade do Rio de Janeiro.

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